ETRURIA:
“TERRA PROMESSA”?
“ Io sono Jahveh, io vi toglierò di sotto
ai duri pesi degli Egiziani e vi libererò dalla loro schiavitù e vi riscatterò
col braccio disteso e con grandi giudizi e vi prenderò per il mio popolo e sarò
il vostro Dio e voi conoscerete che Io
sono il Signore Iddio vostro, che vi traggo di sotto ai duri pesi degli
Egiziani e vi condurrò nella TERRA, CHE, CON MANO ALZATA, HO PROMESSO DI DARE
AD ABRAMO A ISACCO E A GIACOBBE, TERRA CHE IO VI DARO’ IN POSSESSO DI EREDITA’:
IO SONO JAHVEH!” In tal modo parlò Mosé ai figli di Israele, “MA ESSI NON DETTERO ASCOLTO A MOSE’
PERCHE’ IL LORO ANIMO ERA OPPRESSO DA UNA DURA SCHIAVITU’” (Esodo 6,6-9). (
Facciamo adesso un enorme salto in avanti
di circa 3000 anni: siamo nella prima decade della seconda metà del 1800 (1860
ca.). In questo periodo le scoperte archeologiche etrusche si susseguono a un
ritmo davvero incalzante e, di conseguenza, anche le iscrizioni in lingua
etrusca divengono, di giorno in giorno, più numerose. Aleggia intorno a questa lingua un grande
mistero: non si capisce che lingua sia e da cosa derivi. Si tenta allora un
esperimento. Si scelgono due fra i maggiori
studiosi e filologi del momento, uno è Padre Canmillo Tarquini della Compagnia
di Gesù, professore emerito del Collegio Romano e l’altro è il Prof. Johann
Gustav Stickel, dottore in teologia ed in filosofia, professore ordinario delle
lingue orientali, ecc. ecc. e, A LORO
INSAPUTA, si fanno esaminare delle iscrizioni e dei testi in lingua
etrusca. Gli studi del Tarquini furono pubblicati in Civiltà Cattolica, fasc. 6
giugno 1857, pag. 551-73 e in “I misteri della lingua etrusca” Ibidem del
19-XII-1857, pag. 727-742. Gli studi condotti sulla stessa materia dello
Stickel furono pubblicati a Lipsia (Germania) nel
Veniamo ai nostri giorni. Il filologo
Giovanni Semerano (1911-2005), i cui studi sono apprezzatissimi in Europa e
negli Stati Uniti, già allievo dei maggiori linguisti italiani come il Devoto,
Pasquali, Migliorini, ecc. nel suo libretto edito da Bruno Mondadori “La favola
dellIndo-Europeo”, a cura di Maria Felicia Iarossi, a proposito dell’origine
delle lingue Indo-Europee precisa quanto segue: “L’ESITO PERENTORIO QUI
SCANDITO E’ CHE L’INDOEUROPEO, ENTITA’ LINGUISTICA DAL NOME ERRATO, NON
ESISTE, NON E’
Mi viene in mente l’affresco “Scene di
caccia e pesca sul mare e tra gli scogli, dipinte nella tomba della caccia e
della pesca di Tarquinia” (Vedi Massimo Pallottino – Etruscologia Tav. LXXII –
Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1977). In questo affresco “di vita” niente fa
pensare a qualcosa di ultraterreno. Qui semplicemente l’artista ha voluto
rappresentare la vita quotidiana degli etruschi tarquinensi, immersi nelle loro
attività quotidiane di lavoro e divertimento. Nella parte inferiore si nota una
barca (una tipica barca etrusca) con dei pescatori che calano le reti in un
mare pescosissimo, infatti la scena ritrae pesci che, quasi volendo giocare
vicino alla barca, emergono e si tuffano nelle acque profonde. Tutto intorno ci
sono uccelli di ogni specie, ma così numerosi che un giovane dritto su uno
scoglio a gambe divaricate e con una
fionda nelle mani prende la mira ad uno
di essi. Poi ci sono altri uccelli da selvaggina, pronti per essere catturati
senza tanta fatica. Sopra questa scena un banchetto con due figure semidistese
che pranzano. Anche in questa raffigurazione balza in evidenza l’abbondanza dei
cibi, e soprattutto il benessere di questa famiglia etrusca che si fa servire
da numerosi servi che manipolano anfore e stoviglie molto pregiate. Non mancano
i suonatori per allietare un nobile e abbondante pranzo. Non c’è allegoria, non
c’è allusione in queste scene, qui si vuole rappresentare l’abbondanza, la ricchezza,
lo status sociale raggiunto, la vita, felice ed operosa in questa terra d’Etruria “stillante latte e miele”. Forse si tratta della Terra Promessa che
una parte dei Figli di Israele, insieme ad altre popolazioni orientali elessero
come loro nazione: quella dei Rasenna, il cui significato resta tutt’ora
incerto?
Paolo Campidori
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