GLI ETRUSCHI SONO DAVVERO MISTERIOSI?

 

Da sempre un alone di mistero avvolge le figure e la storia di questo antichissimo popolo che è vissuto nella nostra Toscana a partire, sembra, dal sec. X-IX a.C. Sono tante le domande che attendono una risposta precisa che ancora, nonostante i progressi ottenuti in questi ultimi tempi, non è arrivata. Ancora si dibatte sull’origine, ovvero sulla provenienza oppure sull’autoctonia  o meno di questo popolo; sull’origine della loro lingua, che fino a non molto tempo fa si credeva (e forse lo si crede tutt’oggi) che fosse an antico relitto, un dialetto sconosciuto della lingua greca; sul trait-d’union che lega (oppure no) villanoviani ed etruschi; sulla religione e sulle sue svariate sfaccettature; sul modo di vivere e di morire ecc. ecc. Il mistero.

Questo è l’aspetto più affascinente che calamita l’attenzione di coloro che si avvicinano allo studio degli Etruschi e di antichi popoli in generale. “Il mistero” è anche il sottotitolo di un libretto, ben fatto e, tutt’ora attuale, che l’archeologo Romolo Augusto Staccioli ha scritto nel 1985 e pubblicato dalle Edizioni Istituto Geografico De Agostini, con prefazione dell’allora illustre archeologo Sabatino Moscati, che tutti ricorderanno, anche per le sue frequenti apparizioni in televisione. Nella sua prefazione S. Moscati scrive: “MISTERO”: l’insieme di fantasie, di pregiudizi, di incomprensioni che avvolge il mondo degli Etruschi e che gli sforzi degli studiosi non sono riusciti ancora a diradare”. In altra sede ho sentito lo stesso archeologo, deceduto ormai da alcuni anni, dire che “In archeologia non esistono misteri, ma problemi che devono essere ancora risolti”. Romolo Staccioli nel libro citato, il cui titolo originale è “IL MONDO DEGLI ETRUSCHI” al capitolo I, “Il mistero delle origini” scrive: “La convinzione che il mondo degli Etruschi rappresenti per noi un mistero è talmente radicata nell’opinione corrente, anche a livello di persone di buona cultura, che essa è diventata un vero e proprio ‘luogo comune’”. Questo grande archeologo distingue la scienza che “permette oggi di ricostruire un quadro sufficientemente certo e completo della civiltà etrusca” dal lavoro dei dilettanti, i quali, su basi velleitarie e presuntuose sviluppano tesi sulle origini, sulla fine e sulla lingua”. Secondo Staccioli, la scienza “permette oggi di ricostruire un quadro sufficientemente certo e completo della civiltà etrusca”.  Circa la provenienza degli stessi lo Staccioli “sposa” la teoria, già formulata diversi anni fa dal Pallottino, e cioè: “il problema delle origini etrusche va impostato non già nel senso di una ‘provenienza’ bensì in quello di una ‘formazione’”. Lo stesso però, nonostante la fiducia che egli ripone nella scienza, non tralascia analizzare (non si sa mai) le diverse ipotesi sulla origine degli Etruschi e cioè le ipotesi formulata a partire da Erodoto, Ellanico e Anticlide, fino ad arrivare a Dionigi di Alicarnasso che teorizzò un’origine etrusca “autoctona”. 

Il capitolo II del libro “Il mondo degli Etruschi” tratta del “mistero della fine”. Gli etruschi, secondo Staccioli fecero la fine che più o meno hanno fatto tutti gli altri popoli italici: “Gli Etruschi cioè – allo stesso modo che i Lucani, gli Apuli i Sanniti, gli Umbri, i Veneti, i Liguri, i Galli della Cisalpina e i Greci della Magna Grecia – finirono col diventare gli italiani dell’Italia romana”. Gli etruschi tuttavia ebbero una sorte diversa dagli altri popoli assoggettati dai Romani, in quanto scrive lo Staccioli “l’antica confederazione delle città etrusche fu ricostituita da Augusto…essa tornò a celebrare le sue feste, e continuò a vivere con i suoi magistrati, le sue celebrazioni annuali, fino alla fine del mondo antico e (N.B.) al trionfo del Cristianesimo”. Ci domandiamo perché, ma non sappiamo rispondere.

Il capitolo III il libro affronta il problema della lingua: “Quello che riguarda la lingua –scrive lo Staccioli – è certamente l’aspetto più avvincente e ‘popolare’ di tutto il ‘mistero etrusco” . Poi continua: “il vero problema della lingua etrusca si presenta quando, una volta letti i testi, si passa a cercare di capire il loro significato. Il problema sta nel fatto che della lingua etrusca ignoriamo almento in parte (una parte considerevole ndR) il vocabolario, e soprattutto la struttura e il modo di funzionare”. Non mi sembra poco! Poi però continua lo Staccioli “L’etrusco è del tutto isolato rispetto a qualsiasi altra lingua, come già sapevano gli antichi e come esplicitamente dichiara Dionigi di Alicarnasso quando scrive che gli Etruschi parlavano un idioma ‘non simile a quello di alcun altro popolo’ .  Più avanti, nello stesso capitolo, si dice: “Sarebbe più giusto domandarsi fino a che punto l’etrusco si capisca, e la risposta non può essere che parziale, possibilista e dinamica, nel senso che, pur rimanendo la sostanziale ‘ignoranza’ della struttura della lingua, si può dire che di essa noi conosciamo ormai molto.. ma molto altro resta sconosciuto”.

Nel capitolo IV dello stesso libro viene affrontato il tema della “banalità e luoghi comuni”. “Si deve riconoscere alla civiltà etrusca un’indiscutibile precocità di sviluppo e un certo ruolo d’”avanguardia” nell’ambito della storia italiaca….ma questo non significa affermare una priorità assoluta degli Etruschi rispetto ai Romani e agli altri popoli dell’Italia antica……Noi possiamo tranquillamente affermare che la “nascita” degli Etruschi è sostanzialmente contemporanea a quella dei Latini, e perciò dei Romani e di tutti gli altri popoli italici” .

Allora tutto risolto? La diatriba continua…..anzi, il mistero continua!

 

Paolo Campidori

©Paolo Campidori