GOSTO E
I’ TIFO PE’ I’ CARCIO
L’era
inevitabile che dopo tutto questo parlare di carcio e della Fiorentina, anche
Gosto si lasciasse contaminare. Pe’ la verità di carcio ‘un se ne intendea, una
‘orta, tanto tempo fa, lo portonno allo stadio e alla fine della partita,
quando gli dissero - Gosto t’è garbato i’ carcio? – Gosto senza nenche fassi
aspettare gli rispose. “A me mi pareano tanti maialini che correano dreto a una
zucca”. Questa vorta però Gosto si mise di buzzo bono, cominciò a leggere i
giornali sportivi, anche se leggere sapea proprio pochino, e alla fine prese la
giusta decisione. Siccome sono toscano, e siccome e soprattutto sono mugellano,
farò i’ tifo pe’
La
domenica seguente, con Puzzino, l’Omero, i’ Cistronca fissò con loro per andare
ai grande stadio della Fiorentina. Gosto s’era attrezzato bene bene: la
bandiera della Fiore, l’avea messa in vetta a un manico della vecchia vanga,
quando ancora questo attrezzo gli servia, quando gli stea a contadino, poi
prese i beretto, quello più sportivo, che si mettea quando dea il ramato alle
viti, che gl’era doventato un po’ di tutti i colori, ma c’era anche di viola,
che l’era i’ colore della su’ squadra.
Quando
Gosto gl’entrò allo stadio cominciò a bociare come un forsennato, e a agitare
i’ manico della vanga con la bandiera viola. Puzzino che l’era accanto a lui
prese tre o quattro ‘orte i’ manico nella testa, e quarche botta ‘la toccò
anche a i’ Cistronca. Dopo i richiami di Puzzino i’ Gosto si carmò un pochinino
e cominciò a fassi largo per arriare alla Fiesole. Lassue sugli sparti c’era un
casino della miseria, tutti bocia’ano pe’ quanto fiano l’aveano in gola. Forza
viola! Forza viola!
A Gosto
però questo “Forza viola” ‘un gli garba’a mica tanto, perchene, questo colore,
i’ viola, sino da’ tempi che gli stea a contadino ell’era un colore mica tanto
allegro, come l’era su ricordanza l’era prioprio i’ colore de’ morti. Lo sai
icchene escramò Gosto, bisogna essere più originali, e, subito dopo cominciò a
urlare “Forza lillà”, “Forza lillà”. Accanto a Gosto v’era un tifoso della
Fiore di quelli sfegatati e appena sentì “Forza lillà” riferito alla su’
Fiorentina, bellina, gli rispose subito pe’ le rime “E la troia di tumà” e, non
contento gli vergò subito un pedatone in uno stinco. Unnaesse mai fatto! Gosto
l’era bono e caro, ma dato che l’avea beuto tre o quattro calici di vin bono,
unn’aspettò neanche un secondo, prese la bandiera fatta con i manico della
vanga e glielo stroncò ni’ groppone di questo tifoso fiorentino. T’aessi a dire
e’ successe un putiferio, anche Puzzino, che l’era stato bono fino a qui’
momento, cominciò e snocciolare resie e a menà stiaffi, cazzotti a i’ primo che
gli capita’a. E’ peggio di tutti però gli stiede i’ Cistronca, che ripetea “un
semo pe’ la violenza”, “un semo pe’ la violenza”, quando tutt’a un tratto gli
rivogarono un cazzotto in un occhio che doventò tutto viola. Fu proprio in
questo momento che i’ Cistronca si sentì tutt’uno con la squadra di’ core,
La
partita intanto gl’andea innanzi ma i’ pallone e’ gl’entraa sempre dalla parte
di quell’attri. Pe’ forza e’ disse quello che gl’avea tirato un carcione nello
stinco a Gosto “l’arbitro l’è cornuto”. Gosto questa sottigliezza ‘unna capì
mica subito. Allora cominciò a pigliare le parti dell’arbitro e cominciò a dire
“ichhè c’entra l’arbitro?” Lui l’è una persona perbene, semmai sell’è cornuto
la su’ moglie la sarà una troia. A queste parole i’ tifoso un ci vedette
più e’ l’avea belle arzato la mano per rifilare un sommommolo a i’ poero Gosto.
Quando tutt’a un tratto tutti comincionno a bociare: Golle! Golle! E tutti unne
steano più nella pelle. Solo Gosto unn’avea capito “golle”, ma icché vorrà
dire, per me positivo l’è una parola foresta.
L’allenatore,
riautosi per i’ golle fatto, cominciò a stramutare un po’ la squadra, perché
arcuni giocatori oramai l’erano un po’ sciaborditi. Picchia e mena, picchia e
mena i viola si feciono sotto porta avversaria, e un difensore di quell’attri
sbucciò i’ pallone e fece l’autogolle! Lo stadio l’era come impazzito, le
persone sembraano ‘le venissero giù a grappoli e tutti gl’andonno alla rete a
bociare: “Viola”, “Viola”, Vittoria, Vittoria. Fu inevitabile che quarcuno di
loro gl’entrò in contatto con la tifoseria avversaria. E’ comincionno a volà
botte da orbi. Gosto e Puzzino un’aspettonno tempo, gl’andettero a aiutare
questi “viola”, che l’erano doventati ancora più viola dalle legnate. Gosto che
quando gli stea a contadino gl’avea una forza sovrumana, tant’è vero che
gl’arza’a l’aratolo come un fuscello, e gl’avea più forza lui de’ boi. Ma qui
l’era tutta un’attra questione, la tifoseria avversaria, l’era venuta
attrezzata bene, con spranghe, curtellacci, e catene. Gosto, nella lotta prese
una catenata tra capo e collo che gl’andette subito a KO. Puzzino che
l’era rimasto solo in tutto qui’ bailamme, se la cavò con un be’
bernoccolo sulla testa.
Finalmente
l’arbitro fistiò la fine. I viola l’aveano pareggiato pe’ i’ rotto della
cuffia. I’ poro Gosto e Puzzino invece un’avean pareggiato pe’ nulla, loro
n’aveano prese tante e sode. Una vorta che Gosto tornò ni’ su Mugello un
gli venne più la voglia ne’ di’ carcio, né de’ viola, e né de’ lillà. L’ebbe
tarmente un brutto ricordo che la partita unna vide più neanco alla
televisione.
Paolo
Campidori