GOSTO E LA MANIA DI’ LISCIO

 

Ni’ paese oramai l’era scoppiata la pandemia di’ liscio. E’ ‘un se ne potea piùe, chi balla’a i’ liscio chi gl’era fanatico per i’ latino-amari’ano. E poi e’ c’erano balli novi, come il ballo della lampada, indoe le coppie di sposini le s’attorcigliaano tutte intondo che ‘le pareano indemoniate. Anche la perpetua ‘la ‘unnera dai meno. Qundo in paese c’era la festa e ‘la comincia’a a sentire i’ sono della fisarminichina, ‘la scendeva giue piano piano a i’ paese, tutta vestita in ghingheri e co’ tacchi arti la parea che ‘la camminasse sull’ova. Ora, che le elezioni l’erano finite, ‘un po’ male a dir la verità, ma per i’ soppriore e’ parea che le fussano finite bene perchene un facea attro che strusciassi le mani e poi gl’avea un sorrisino di soddisfazione che l’era tutto un programma. Non per questo evento i programmi culturali e musicali di paese si poteano fermare. A i’ circolo l’era belle stata ripristinata la pista e un par d’orchestrine bone gl’erano digià vienute. Tutti gl’aveano fatto la su’ presenza e anche la su’ figura. Puzzino, si sa, l’era un veterano di’ ballo liscio, i’ Cistronca, poveraccio l’era tutto stroncolo, un potea dare i’ meglio di sene, ma in gioventù l’era i’ meglio ni’ rocchenrolle. Tarolle, che gl’era un forzuto, e’ pigliaa la partnerre con uno de su’ braccioni e la facea riortolare come una trottola. Solamente Gosto ancora, testone come gl’era, ugn’era riuscito di imparare un balluccio come si dee. La perpetua, la s’era un po’ indispettita perchene qualche varzerino gli garbaa fallo, ma un lo potea  mica fare co i’ soppriore! Sicchene una domeni’a sera qundo gli occhestrali comincionno i’ pirulì, pirulà, la perpetua ‘la smise di cincistiare e gl’andette diritta, diritta alla casa di Gosto. La ‘unnaspettò neanche che Gosto l’aprisse, l’entrò drento come una saetta. A i’ Gosto la gni disse: “Senti Gosto te’ tu fa’ schifo, e’ bisogna che to lo di’a chiaro e tondo. Tutti sanno ballare i’ liscio: Puzzino, Tarolle, Stinchi, Mero, i’ Cistronca che e’ sono tutti anche più anziani che di tene. O ‘un tu ti vergogni a sta’ sempre quie rimpiattato come una marmotta? O ‘un tu lo sai che se ‘un tu balli i’ liscio e tu sei tagliato fora da ogni ‘osa?” Gosto a queste parole di rimproero della perpetua  rispose con una sola parola: ”Gnamo!”. “Gnamo, un accidente! - la disse la perpetua - e’ bisogna che tu ti metta anche in ghingheri” Questa per Gosto l’era la fati’ca più grossa. Le scarpe e’ se le mettea una ‘orta l’anno e finchè unn’erano tutte rotte ‘un se le cambiaa. Per questo motivo quando Gosto sali’a sull’autobusse ‘e se n’accorgeano tutti a causa dell’odore sopraffino che gl’emanaa. “Gl’è salito Gosto” Tutti ghl’escrama’ano. Le mani poi ‘un se le lavaa mai. A’ i’ Circolo curturale, con annesso barre e alimentari, Gosto quando partia i prosciutto, e’ l’avea le mani più nere di’ pepe e della salamoia.E’ poi gl’escrama’a:”senti come l’è picchente questo presciuttino”. Ma nessuno gl’avea i’ coraggio di digni quarcosa perchene l’era i’ biscazziere regolare di’ Circolo, e poi l’era intrufolato negli interessi di’ partito, e sotto, sotto, facea anche un po’ le liste di vole’ bene a i’ prete. In realtà gli garba’a la Teresina, la perpetua di piovano. Pe’ di’ la verità, ‘la unnera tanto bella. Anzi, ‘la parea una manza chianina. L’avea un naso con du buchi che pareano du tubi di’ cammino. Eppoi, quando la si mettea i’ rossetto, in quella boccona ‘la parea un semafero co’ i rosso. Pe’ i denti poverina l’era stata sfortuna’ca dalla gioventù. L’avea la dentina di sopra e di sotto. Quando la starnutiva quella di sotto quarche vorta la schizza’a via e la dovea correre a ripiglialla. A parte questi piccoli inconvenienti ‘la unnnera proprio da buttar via. Anzi! Gosto e’ dicea che la Teresina, se la un fusse stata la perpetua di prete, e la fusse un po’ più moderna ‘la potrebbe benissimo essere stata la su donna. “Gnamo, Gnamo” e i due si ritroarono ni’ mezzo della pista. Prima e’ sonarono qualche ballo latino ameri’ano come la Culita, Movendo la scalera, la lambada e sin qui Gosto si comportò abbastanza bene, perché le coppie le steano a distanza di sicurezza. I Cistronca e i’ Puzzino in questi balli gli strapparono gli applausi. A  i’ Cistronca la Lambada la gli veni’a naturale, perchene gl’era tutto sganasciato, e i’ movimento obbrigatorio l’era anco naturale. Finiti i balli latino ameri’ani e’ comincionno co i’ liscio. Quando l’orchestra la cominciò i varsere della capinera, Gosto, l’agguantò la Teresina a mezza vita, e gli disse piano piano: “S’aire Nanni?” “Indo’ s’aire” ‘la rispose con voce fioca la Teresina. “A fare questo be’ varserino”. Appena le coppie le comincionno a girare pe’ la pista, Gosto ‘un volle essere da i meno. E’ cominciò prima a ondeggiare, poi sbilanciassi, anche perché poco innanzi l’avea beuto qualche gotttino di vino di chello bono, poi conciò a arzare que’ su piedoni che pareano du pale dell’elica di una nave. Dopo che gl’ebbe cozzato tre o quattro coppie che frullaano nelle vicinanze, Gosto, ni’ centro della pista volle far vedere quello che l’era capace di fare. Fece una piroetta poi un bei sarto in verticale. Quando ricascò giue gl’andò proprio a planare sui piedi della Teresina: “Ohi! Ohi!” La Teresina la si mise a urlare come un’ossessa. “Ohi, tu m’ha’ stiacciato i calli, e’ vedo le stelle, e’ vedo le stelle!” A’ senti’ queste parole “E’ vedo le stelle, e’ vedo le stelle”, i curatolo e’ riconobbe che l’era la voce della su’ perpetua. E chissà icchè s’era messo in testa? “Positivo l’è la Teresina che unn’ha resistito alla tentazione della concupiscenza”. Prese i’ bastone, quello co’ nodi, che l’era destinato ai topi della canonica e visto i Gosto ai piedi della perpetua, i curatolo unn’aspettò un istante, e cominciò a menare botte da orbi. I’ poro Gosto, gl’ebbe trenta giorni di ricovero, sarve complicazioni, e un par di mesetti con la condizionale, perché gl’avea attentato alla salute fisi’a e mentale della perpetua. Poero Gosto, ‘le gli capitano tutte a lui!

Paolo Campidori