MA QUANTO ERANO
INTELLIGENTI I NOSTRI ANTENATI “GORILLONI”!
Mi ha interessato molto l’ultimo articolo
pubblicato sul supplemento di “Archeo” anno XXI, numero 10 (260) dell’ottobre
2006, edito dalla De Agostini Periodici, articolo “Le grotte di Lascaux” di
Giovanna Quattrocchi. Dico subito che si tratta di un articolo ben fatto,
misurato nell’esposizione del racconto, insomma un risultato che somma alla
notevole cultura dell’Autore anche un giornalismo d’élite.
Detto questo l’articolo della Quattrocchi,
mi ha incuriosito anche per un altro motivo. Io, mi interesso, da sempre, degli
Etruschi e della loro lingua nonché della loro scrittura. Per essere sincero,
mai o quasi mai, nelle mie ricerche sono andato oltre l’anno Mille a.C., anché
perché, i miei interessi storici si erano incentrati su arte, storia e, cultura
in genere, del Mugello, Alto Mugello, Val di Sieve, ecc., appunto dal Mille
a.C. all’incirca fino alla fine dell’anno 1800 della nostra era.
La storia, o meglio la preistoria, per la
sua nebulosità nel reperire informazioni sicure l’ho ritenuta, sempre, poco
interessante. Però sfogliando il “Supplemento” citato, alle pagg. 17-18-19, ho
visto quelle fotografie, mi sono ricreduto.
Cerco di spiegarvi con poche parole
l’articolo di questa brava scrittrice. Nelle grotte di Lescaux nella Francia
Sud Occidentale, nell’anno 1940, degli studenti, in cerca di avventure, si sono
imbattuti in una grotta ben articolata, dove hanno rinvenuto degli affreschi
parietali davvero splendidi. Fino a qui niente di particolare, niente di
trascendentale, anche nelle grotte, o meglio nelle tombe degli Etruschi si
trovano affreschi stupenti, così come in Egitto si trovano bassorilievi
incredibili per la loro bellezza.
Quello che più mi ha stupito, per uno come
me, che ha passato una vita nelle gallerie e pinacoteche fiorentine come
Uffizi, Pitti, ecc., che ha toccato (nel vero senso della parola) opere di
Botticelli, di Leonardo da Vinci, di Giotto, di Cimabue, ecc., che ha passato
anni presso il Gabinetto Restauri della Fortezza da Basso, come segretario dei
Soprintendenti Baldini e Paolucci, che ha continuato per conto proprio lo
studio di storia e arte, vedere questi capolavori
dell’intelligenza umana della
preistoria mi ha per così dire “spiazzato” (per usare un eufemismo).
In questi lavori fatti dai nostri antenati
“gorilloni”, trovo una grande capacità di espressione, indice di una
intelligenza notevole, anche superiore alla nostra, una capacità di
“raccontare” elevato, il senso dell’arte e del bello, come dote innata, la capacità
di proporzionare le figure, la capacità di dare plasticità e profondità al
disegno.
Debbo dire la verità, di tutte le opere
d’arte che mi sono capitate sotto mano, queste, per me, sono le più belle,
poiché si tratta di arte vera; i nostri antenati “gorilloni”, hanno
espresso con le loro mani, ma
soprattutto con il loro intelletto, cose meravigliose, cose degne di una
civiltà superiore alla nostra.
Vi dico subito che si tratta di “gorilloni”
che sono vissuti fra i 10 e i 30 mila anni fa. “Gorila”, che conoscevano già
gli impasti rossi di ceramica, che sapevano intrecciare corde con la capacità
dei mastri cordai fiorentini del Trecento, che usavano minerali per dipingere
le loro opere d’arte, che dipingevano alla luce di lucerne. Tutto questo trenta
mila anni fa. O forse più?
Non posso anticiparvi l’articolo della
brava Quattrocchi su Archeo, Vi consiglio di acquistarlo e legervelo con
attenzione.
Certo, posso fare una considerazione? I
gorilla di oggi, che sanno solo fare un bastoncino per tirare su formiche e
vermi dai formicai, ci farebbero una pessima figura di fronte a questi
“gorilloni” di trentamila anni fa. Come si chiamavano questi “gorilla” veri e
propri pittori che dipingevano su
impalcature, al lune di lucerne di impasto rosso? Ognuno dia la risposta
che vuole.
Paolo Campidori
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