MONTOVOLO
“OMBELICO DEL MONDO”?
L’IPOTESI DI UN TEMPIO ETRUSCO SU MONTOVOLO
NELLA VALLE DEL RENO.
La storia della chiesa di Montovolo (Bo),
dedicata alla Madonna (Santa Maria della Consolazione), inizia nel 1054. Sto parlando della storia basata sui documenti,
vale a dire la storia cosiddetta ‘sicura’.
Proprio nel 1054 Adalfredo, che era il
Vescovo di Bologna, donò ai suoi canonici alcuni possedimenti e fra questi
anche Montovolo situato nella Valle del Reno, Vent’anni dopo, esattamente nel
1074, Gregtorio VII confermò alla Chiesa bolognese il “Monastero” di Montovolo,
e tale possedimento, viene precisato nel documento, fu donato alla Chiesa
Bolognese dall’Imperatore Gioviano (Joanninus) nel 363 d.C.
Nel 1219 vi furono dispute fra vescovi e
canonici e, per dirimere le controversie, si ricorse a Papa Onorio III. Nel
1241 la chiesa subì un incendio doloso
e fu quasi completamente distrutta. Rimasero in piedi, a malapena, pochi tratti
di mura, la cripta, la lunetta che sovrastava (e dove è posta tutt’ora) il
portale romanico e alcuni capitelli protoromanici che abbellivano la chiesa
antica, costruita probabilmente verso la metà del sec. XI.
Nel 1265 l’arciprete di San Lorenzo in
Collina affidò, ‘motu proprio’, la chiesa di Santa Maria della Consolazione
(Santuario Mariano) a Giacomo, figlio del Conte Maghinardo (o Mainardo),
signore della zona e proprietario della Rocca di Cantalia, che sorgeva a nord
del Santuario.
Agli inizi del sec. XIV, nel 1307,
Maghinardo, dopo aver resistito, inutilmente, ad un assedio dei Bolognesi,
durato nove mesi, cedette la rocca e territori di Montovolo al Comune di
Bologna.
Questa, in sintesi, è la storia che
riguarda la chiesa e Santuario di Montovolo, nel medioevo, nell’arco temporale
di circa tre secoli, con un unico aggancio storico precedente e, cioè, all’anno
363 d.C. Dal 363 d.C. al 1054, periodo in cui manca qualsiasi forma di
documentazione storica ‘sicura’ (documentata), dovremo ovviamente far ricorso
alla tradizione storica delle fonti orali e, per deduzione, a fatti storici che
hanno coinvolto l’Italia di quel periodo.
Proprio nel 363, secondo alcune fonti
avviene a Montovolo un fatto terribile e drammatico. Questo fatto è narrato nel
libro del Rubbiani “Montovolo in Val di Reno” – Bologna 1908 – e si tratta
della strage di abitanti della zona che praticavano la religione pagana, fatta
ad opera dell’Imperatore romano Gioviano. Il Rubbiani nel suo libro narra che:
“Montovolo in Val di Reno….vi fu lassù un (sic) gran strage di pagani. Acasio
guidava i cristiani che assalirono il pago dall’altipiano e la lancia di Acasio,
che fulminava i pagani, era ancora, fino al 1908, appesa presso l’altare di
Santa Caterina (un Oratorio nelle vicinanze del Santuario).
Ma dobbiamo porci una domanda. Chi erano
questi pagani, abitanti nel territorio di Montovolo, che professavano, ancora nel
IV secolo d.C., la religione pagana? Si tratta ovviamente di coloni romani,
insediatisi su quei monti, i quali, dopo aver assoggettato le popolazioni
locali, gli etruschi, convissero a fianco di questi. Montovolo fu quasi
sicuramente centro pagano e, forse, ‘santuario’, dedicato alla Dea Pale, dea
dei pastori che proteggeva e assicurava la fecondità delle greggi. La chiesa di
Santa Maria della Consolazione, secondo la tradizione orale, sarebbe stata
eretta proprio sui basamenti di un’ara sacrificale o di un tempietto, edificato
in onore della dea. L’ipotesi sarebbe avvalorata, secondo il Palmieri, dal
ritrovamento, in località vicine, di un sepolcro romano e di due statuette
etrusche, inviate dall’Ing. Bettini al Museo di Bologna. Presenze etrusche e
romane sono riscontrabili, in questi ultimi tempi un po’ ovunque, nella Valle
del Reno e dell’Idice. Cito per fare un esempio i ritrovamenti etruschi e celti
avvenuti a Monte Bibele e a Monterenzio. La presenza etrusca e romana sarebbe
testimoniata anche dai toponimi, Monte Palese, Vimignano, Savigno, ecc.
L’idea che Montovolo possa essere stata la
sede di un importantissimo santuario etrusco, da cui sarebbero provenute, in
pellegrinaggio, le genti della Lega etrusca del Nord e da ogni parte dell’Etruria centrale, mi
sembrerebbe molto approssimativa e discutibile o, perlomeno, non provata da
risultanze archeologiche sufficienti.
Le testimonianze archeologiche superstiti
della chiesa paleocristiana, formata da un’aula e da una cripta semi-ipogeica
consistono in alcuni capitelli decorati con rami intrecciati, alle estremità
dei quali sono rappresentati due uccelli dal becco ricurvo, che, per questa
loro caratteristica, non farebbero pensare a due colombe. In altro capitello
sono raffigurati sempre gli stessi ‘volatili’, che bevono ad un calice, la cui
base è a forma di giglio rovesciato. Si tratta ovviamente di simbologia
cristiana legata alla passione di Cristo. Una simbologia analoga e, cioè, due
colombe che devono al calice della Passione, si trovano sulla facciata
vallombrosana della Badia a Roti in Val d’Ambra in provincia di Arezzo. Ciò
spiegherebbe poiché la chiesa veniva definita, in epoca medievale un
‘monastero’. Altre circostanze architettoniche rimandano al periodo
paleocristiano, in particolar modo, la cripta semi-ipogeica, formata da tre
absidi semicircolari, di cui quella laterale destra è l’unica che conserva la
copertura originale, realizzata con volta a crociera e costituita di “mattoni”
di arenaria, messi di taglio. Nessuno di questi elementi ci induce però ad
affermare che l’attuale chiesa,
ricostruita, in forme romaniche, nella metà del sec. XIII, sia sorta sopra i
ruderi di un precedente santuario romano e, tanto meno, etrusco.
Resta da esaminare il toponimo “Montovolo”.
E’ sicuro che tale nome derivi dalla forma della sommità del monte che
assomiglia ad un uovo. Sappiamo che l’uovo per gli etruschi (ma anche per
tantissime altre civiltà del passato) rappresentava l’immagine del mondo e
corrispose all’ideogramma del cerchio e significò il principio della genesi.
Per questa ragione l’uovo si trova nelle tombe di Marzabotto, di Tarquinia, di
Montelupo e di tantissime altre località etrusche poiché, per questo popolo,
l’istante della fine del corpo significò
Per quanto riguarda gli altri simboli
presenti nella lunetta del protiro, troviamo la data scolpita in numeri romani
MCCXI, data a cui succedono le lettere R.O.I.O; vi è pure una croce lobata, o
croce di Malta, con lo stemma dei Pepoli e due colombe laterali.
Molto si è fantasticato sulle probabili
origini di questa località, che senz’altro ci parla di “frequentazioni” romane
ed etrusche (e forse anche precedenti). Sarei tuttavia un po’ restio a
riconoscere questo luogo come un gemello oracolare del tempio di Delfi, poiché,
mi sembra, non esitano i presupposti. Le risultanze e le conoscenze attuali,
che possediamo circa il Santuario di Montovolo, ci parlano di un luogo
frequentato da devoti fino dall’antichità, ma non potremmo affermare l’esistenza,
sotto l’attuale Santuario, di un tempio etrusco. Sognare è bello e fa bene alla salute, ma, in archeologia, dobbiamo
restare con i piedi per terra.
Paolo Campidori
© Copyright Paolo Campidori
Bibliografia:
A.
Palmieri – La montagna bolognese del Medioevo –
Bologna 1929
A. Palmieri – Montovolo nel bolognese e sue
leggende – Bologna 1985
A. Rubbiani _ Montovolo in Val di Reno –
Bologna 1908
M.P.I. – Una strada nella storia –
Soprintendenza Gallerie di Bologna, 1970