CARLO CALZOLARI: UN MUGELLANO “HONORIS CAUSA”

Pinocchio: traduzione dall’originale in dialetto monghidorese 

“Uj’era una vòlta .... Un Re! i deren subétt i mé letur. No raghèz, avi sbaglié. Uj’era una vòlta un pèz ed lègn” (Traduzione: “C’era una volta.....Un Re! diranno subito i miei lettori. No ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”) Di sicuro avrete riconosciuto che si tratta dell’inizio del libro di Pinocchio si C. Collodi, tradotto in una lingua un po’ difficile per gli amici mugellani, i quali diranno subito: “Ma che lingua è questa, è forse goto?” Se vi siete posti questa domanda, siete andati molto vicini. In che senso, direte voi? Nel senso che il posto in cui si parla questo dialetto è proprio ai confini del nostro Mugello e della Toscana con l’Emilia: si chiama Monghidoro e il nome sembra derivi da “Mons Gothorum” (Monte dei Goti). Ma Monghidoro, tra l’altro è il paese di persone illustri del passato e del presente. Basti ricordare Ramazzotto di Scaricalasino (un altro nome antico per designare Monghidoro), eroe per la gente di queste parti, e gran figlio di....samaritana per i toscani, vissuto nel sec XV. Mentre, per quanto riguarda il presente, il Gianni nazionale, ma chi altro se non il Gianni Morandi, l’”inossidabile” cantante degli anni ’60, ’70 fino ad arrivare a noi. Monghidoro, pur essendo in Emilia, è molto vicino al confine con la Toscana. Per farvi capire, quando siamo alle Filigare, ex dogana granducale, se percorriamo ancora 100 metri ci troviamo in territorio bolognese. Subito dopo troviamo la Ca’, un posticino di villeggiatura. Qui una volta si ballava con la fisarmonica; anch’io ci sono stato molte volte. Quanta allegria ci metteva addosso quella musica che usciva da quell’organetto! E che spettacolo vedere quelle persone che piroettavano leggere come delle piume! Ma tornerò su questo argomento. Dopo la Ca’ si trova Ca’ del Costa, anche qui l’estate ballavano all’aperto. Subito dopo c’è Monghidoro, luogo di villeggiatura, sui 900 mt di altitudine, punto di incontro di bolognesi, che hanno qui le loro villette, ma anche di toscani. Proprio questa vicinanza al Mugello e alla Toscana, e il grande amore per il proprio dialetto, spingono Carlo Calzolari a tradurre Pinocchio nel suo dialetto. La sua è proprio una mania, traduce tutto ciò che gli capita, in dialetto monghidorese. Da ragazzo ha tradotto perfino il sillabario. Da Pinocchio prendo alcune frasi fra le più caratteristiche da lui tradotte: “Birbòn d’un fiol, ta ni incòra fini ed fer e tecminz bele a mancher ed respet a tu peder. Ma et fe mel; dimondi mel, cher ei mi ragazòl” (Traduzione: “Birbone di un ragazzo, non ti ho ancora finito di fare che tu cominci già a mancare di rispetto a tuo padre. Ma tu fai male; dimolto male, caro il mio ragazzuolo). Un’altra frase, questa esce dalla bocca di Pinocchio: “Fra i mistir dei mond ungn’è soltent un che verament um va a geni”. Gli va invece un altro mestiere: “Quell ed magner, ber, durmir, divertim e fer de la matenna a la sira la vétta dei vagabond” (Traduz.: “Fra i mestieri del mondo non ce n’è neppure uno che mi va a genio”. Gli va invece “Quello di mangiare, bere, dormire, divertirsi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo”). Sempre Pinocchio che parla: “Incò. andrò a sintir i peffer, edmen a scòla : per ander ascòla ui’è semper temp” (“Oggi andrò a sentire i pifferi, e domani andrò a scuola, per andare a scuola c’è sempre tempo”). Di Mangiafuoco: “in fond un’era brisa un’omen cativ” (“In fondo non era un uomo cattivo”. Mangiafuoco alla fine si intenerisce e dice a Pinocchio: “te ti un brev ragazòl” (“Tu sei un bravo ragazzo”) e poi gli domanda: “Cum’us’ciamel tu peder?” (“Come si chiama tuo padre?”). Pinocchio gli dice si chiama Geppetto e Mangiafuoco gli domanda ancora: “E che mister ei fal?” (“Che mestiere fa?”) “Ei puvrett” (“Il povero”). “Ei guadagnel dimondi?” (“Guadagna molto?”). “Ei guadagna quent ui vòl pr’an’aver mai un zentesum in bisaca” (“ Guadagna quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca”). Poi la volpe che dice a Pinocchio: “Per la pasiòn sciòca ed studier ai’ho pers una gamba” (“Per la passione sciocca di studiare ho perso una gamba”). E così il libro prosegue fra uno spasso e l’altro. Già Pinocchio, di per sé, è un capolavoro internazionale della letteratura dell’infanzia, e il libro diventa ancora più divertente a leggerlo tenendo accanto l’originale in italiano. Ma Carlo Calzolari, che è nato nel 1918 a Monghidoro, e di lì non si è mai mosso, ha altre “passioni”: quello della pittura, della musica. Tutto quello che di creativo viene pensato a Manghidoro passa attraverso il suo vaglio, la sua consulenza, la sua approvazione. Insomma è un “ragazòl” (ragazzo, si fa per dire) in gamba. Scrive delle poesie e “zirudele” che sarebbero delle filastrocche. Insomma un monghidorese, un emiliano, che se lo senti parlare in dialetto ti fa venire in mente i Goti, e ti sembra tanto lontano da noi toscani e mugellani. Tuttavia, al di là di quelle che sono le impressioni Carlo Calzolai, in arte Mazzi, è un uomo con il cuore tanto vicino a noi mugellani e toscani, da considerarlo quasi “uno dei  nostri”, un mugellano “honoris causa”. Il suo libro in dialetto monghidorese è stato catalogato ed inserito nella Biblioteca Collodiana della Fondazione Nazionale “Carlo Collodi” dove va ad aggiungersi alle edizioni integrali di Pinocchio in 60 lingue europee ed extraeuropee. Il libro è intitolato Pinocchio, e non “Pinoch” (che sarebbe l’equivalente in dialetto) ed è edito da: Editrice “Lo Scarabeo” di Bologna.

Paolo Campidori
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