CANTICO DI SAN FRANCESCO LIBERA TRADUZIONE E COMMENTO

Altissimo, onnipotente e buon Signore

a te spettano le lodi, la gloria e ogni benedizione,

solo a te, Signore, si addicono queste cose

poiché nessun uomo è degno di pronunciare

neppure il tuo nome.

Che tu sia lodato, Signore, con tutte le

tue creature, specialmente il sole, nostro fratello

e signore, il quale ci dà luce durante il giorno

e per mezzo di lui tu ci illumini. Inoltre, egli è

raggiante, dotato di grande splendore: egli ci dona

il significato della tua presenza.

Che tu sia lodato, mio Signore, per la luna,

nostra sorella, e per le stelle, tu le hai create in cielo

belle, splendenti e preziose.

Che tu sia lodato, Signore, per fratello vento

e per l’aria e le nubi, il sereno e ogni tempo,

poiché per mezzo di queste cose tu sostieni

le tue creature.

Che tu sia lodato, mio Signore, per l’acqua,

nostra sorella, che è molto serena, preziosa,

limpida e umile.

Che tu sia lodato, Signore, per fratello fuoco,

per mezzo di lui tu rischiari la notte e egli è bello,

sfavillante, gagliardo e allegro.

Che tu sia lodato, mio Signore, per la terra,

nostra sorella e nostra madre, la quale nutre e sostiene

gli uomini e produce svariati frutti, erbe e

fiori colorati.

Che tu sia lodato, Signore, per il sacrificio di tutti

coloro che perdonano e sopportano dolori e malattie.

Beati coloro che le sopporteranno con pazienza poiché

essi saranno da te premiati.

Che tu sia lodato, Signore, per la morte del corpo,

nostra sorella, dalla quale nessun vivente può scappare.

Guai a coloro che cadranno nell’abisso del peccato;

beati coloro che avranno fatto la tua volontà,

poiche non subiranno la morte dell’anima.

Lodatelo e beneditelo il mio Signore,

servitelo e rendetegli grazie, con grande umiltà.

(Libera traduzione di Paolo Campidori)

Non sipuò dire che Francesco avesse rinunciato alle ricchezze, egli aveva rinunciato a tutto. Ma non per questo egli era povero, ce lo dimostra questo cantico, egli era l’uomo più ricco del mondo perché “possedeva”, pienamente, completamente le “creature” del Signore che sono l’aria, il vento, l’acqua, il sole, la luna, il fuoco.

Per capire San Francesco bisogna immedesimarsi nella povertà della sua vita. Camminava scalzo, anche con il ghiaccio e la neve, negli inverni più rigidi, elemosinava il mangiare, aveva un saio tutto rattoppato. Ma non per questo era triste, anzi, era allegro: cantava le lodi del Signore, ballava, tanta era la sua contentezza di creatura “piccolissima” del Signore. Il Santo si considerava una “pianticella del Signore”, e anche Chiara definiva San Francesco così. Ma Francesco  non era solo il “poverello del Signore” egli era anche l’umile “pecorella” del Signore. Mi piace ricordare nei Fioretti quando Francesco tornava, camminando a piedi scalzi, da Perugia a Santa Maria degli Agnoli (Angeli) “tormentato dal freddo e dalla piova”, stanco e affamato ad un tratto si rivolge a Frate Lione, che lo accompagnava, quale fosse stata la cosa più degna e più grande per un frate poverello del suo Ordine. Non certo saper parlare tutte le lingue, non certo la sapienza, o mille altre cose. Allora Lione, cortesemente ma decisamente, vuole sapere a tutti i costi dove sta la vera grandezza. La risposta è che l’uomo è veramente grande quando sopporta con pazienza sciagure, martirii, dolore, per amore di Cristo. E fa l’esempio che una volta arrivati a Santa Maria degli Agnoli, il portiere fingendo di non conoscerli, li respinga brutalmente e li lasci per tutta la notte al freddo e al gelo. Non solo, ma indispettito dalle richieste dei frati di lasciarli entrare nel convento, il portinaio esca con un randello e li colpisca “ad nodo ad nodo” e li lasci tramortiti e sanguinanti sulla neve.”Ecco, se noi sapremo, sopportare tutte queste ingiustizie per amore di Dio, qui sta la vera grandezza”,replica il Santo.

San Francesco dunque aveva rinunciato a ricchezze “effimere”, viveva la sua povertà in modo totale. Proprio per questa ragione egli possedeva totalmente tutte le ricchezze della natura che sono nell’universo. Anzi, lui era tutt’uno con la natura: la terra che germoglia le messi, i fiori che sbocciano nei prati, i fiumi che scendono fragorosi nelle gole delle montagne, il fuoco che lo risparmia dal gelo invernale, il cielo stellato (immaginiamoci come questo doveva apparire a San Francesco|) con le stelline “clarite et belle” come gemme. Infine gli animali verso i quali nutre un amore e una simpatia particolare, anzi fratellanza. Fratello lupo, sorelle tortore; Francesco predica la parola del Signore anche a loro e queste dimostrano amore e riconoscenza verso San Francesco. Tutto quello che Dio ha creato è meritevole dell’amore di San Francesco. Anche i lebbrosi meritano amore, e Francesco bacia uno di questi, come il più caro dei fratelli, perché più bisognoso. Il creato è l’espressione più diretta di Dio. Così fratello sole, che riscalda e illumina la terra e permette alle creature di esistere. Francesco ripete instancabile: Che tu sia lodato Signore…Che tu sia lodato Signore...Francesco, non ama solo la natura, è in contatto continuo con il Signore, prega in continuazione. Questo rapporto così stretto con il Creatore è la sua vera “ricchezza”. Egli non brama altro, se non quello di una vita di povertà assoluta. E Chiara. “pianticella di San Francesco, a sua volta”, ribadisce: “nella lotta un uomo vestito non può competere con un uomo nudo, in quanto quest’ultimo non ha appigli da offrire all’avversario”. Naturalmente la lotta è la lotta con il demonio e gli appigli sono le ricchezze terrene. Francesco non è distratto da niente. Mi viene in mente il film di Zeffirelli “Fratello sole e sorella luna” quando San Francesco e San Bernardo sono intenti nella ricostruzione della chiesetta di San Damiano, momento in cui sembrano talmente assorti nell’opera del Signore quasi da apparire, come si direbbe oggi, “poco normali”. Ma Francesco tira dritto per la sua strada, neppure la morte lo impaurisce. Anzi per lui la morte è “sorella morte”, una cosa essa stessa del creato, come tutti gli altri elementi della natura. Francesco ha, invece, molta paura della morte “seconda”, cioè della morte spirituale, della morte dell’anima.  A sera Francesco, stanco della giornata, dei lunghi viaggi percorsi a piedi nudi, stanco delle veglie, delle interminabili preghiere, si addormenta su un giaciglio sulla nuda roccia con unica coperta il suo saio bigio rattoppato (Questa reliquia è conservata a Assisi). Alla Verna, dove Francesco ha ricevuto le stimmate, è visibile in un antro fra le rocce il giaciglio di pietra dove dormiva il Santo.

Questo piccolo apporto al Santo “poverello” è un invito ai mugellani ad andare a riscoprire i luoghi francescani come la chiesa di San Francesco a Borgo San Lorenzo. In questa città del Mugello, tra l’altro, San Francesco c’è sicuramente stato ed ha predicato alla popolazione “su la piazza del castello” che era accorsa da ogni luogo del Mugello. San Francesco non li deludeva mai, sprizzava allegria da tutti i pori, ballava e cantava e lodava il Signore. Poi c’è il Convento di Bosco ai Frati, anche questo ricco di testimonianze e d’arte, munificato nel ‘400 anche dai Medici, riedificato su disegno di Michelozzo, architetto personale di Lorenzo il Magnifico. Questo convento merita veramente una visita per i ricordi francescani ma anche perché qui si registra un altro fatto importante. Un Santo importante, San Bonaventura da Bagnoregio, ricevette in questo convento la porpora e il cappello cardinalizio da un messo del Vaticano, ma essendo il Santo impegnato nell’orazione nell’orticello del convento, appense il cappello cardinalizio ad un albero, un corniolo. Come dire: prima viene l’Ufficio Divino poi tutte le altre cose.

 

Paolo Campidori                     

(Copyright P. Campidori)