LASSU’ DOVE OSANO LE CAPRE 

Giovanni, 93 anni e Natalina, 92 anni, abitano al Marzocco di Firenzuola, nei pressi di San Pellegrino. Li ho trovati per puro caso. Ho seguito un cartello che indicava questa località Il Marzocco: mi ha attirato soprattutto il nome. Però fatto un breve tratto di strada ho pensato che sarei dovuto tornare indietro, poiché davanti a me si parava la muraglia delle montagne aspre e maestose, accessibili solo alle capre. Con grande meraviglia ho visto invece che la stradina proseguiva, costeggiando imponenti cave di pietra serena e un torrente che scorreva giù a fondo valle. La mia auto ha dei sussulti, quasi non ne voglia sapere di andare avanti, proprio come fanno i muli quando si impuntano e non hanno voglia di procedere. Invece di dare una bella frustata, metto la prima, e la mia auto ricomincia a scorrere silenziosa fra boschi e precipizi. Arrivo ad un certo punto e sulla mia destra, vedo uno di quei capannotti che servivano ai pastori per ripararsi dalle intemperie quando portavano le greggi di pecore a pascolare su questi monti. La strada si inerpica sempre di più e dal basso vedi lo snodarsi della strada che porta fino alla cima della montagna. Ogni tanto si sentono forti boati seguiti da un rumore assordante di rotolamento di pietre. Sono gli unici rumori che riesci a percepire in questa vallata ai quali seguono lunghi intervalli di silenzio. Ma a un certo punto il silenzio è rotto da un canto di un pastore. che, con molta tranquillità, scende la strada a piedi. Mi rinfranco da questa presenza umana e arrivato a un bivio, vedo una sorgente di acqua ed una casa poco più distante. Voglio vedere se la casa è abitata e con mia grande meraviglia mi viene incontro un vecchio signore, appoggiandosi appena su un bastone. E’, appunto, Giovanni, che ha accanto a se un simpatico canino. Poco dopo arriva anche la moglie, Natalina. Tutti e due dimostrano una grande vitalità nello sguardo, ma non solo. Di lì a poco mi raccontano una di quelle storie che io andrei anche in Cina per sentirmele raccontare. Mi reputo fortunato di aver preso “per i capelli” uno spaccato di vita così importante che sta per sparire definitivamente da questo territorio. Giovanni e Natalina si sono amati e si sono amati tanto e per tanto tempo. Mentre Natalina mi dice questo, Giovanni senza inibizione le accarezza la mano appoggiata sul suo bastone. La casa dove abitano era anche la casa del babbo che di mestiere faceva il fabbro e il mugnaio, ma faceva anche l’agricoltore. Mi fa vedere dove era la sua bottega. Ci sono ancora gli attrezzi che lui usava per forgiare utensili, aratri e quanto altro serviva per le conduzione del podere e del molino. Questo molino si trovava sotto Prosezzo, una località nella zona, e fu venduto negli anni ’40 per 1000 lire. Le risorse della famiglia arrivavano anche dai marroni. Ma come si sono conosciuti Giovanni e Natalina? Si sono conosciuti frequentando a San Pellegrino la scuola elementare, fino alla terza classe, negli anni 1915-1920 circa. Da allora non si sono più persi di vista. E’ sbocciato poi l’amore e nel 1936 si sono sposati, e ci tengono a dirlo, sia amano ancora. Hanno avuto dei figli. Ma Natalina non si è limitata ad accudire i figli. Alla mia domanda se ha lavorato anche lei si è messa a ridere. “Certo che ho lavorato! Tante volte con un bambino in collo a badare le bestie, e, durante il fronte ero rimasta da sola”. In questa zona la guerra è stata molto dura. Queste montagne erano battute sia dai partigiani che dai nazi-fascisti che erano posizionati in località Bastia, in cima al monte, al confine con Palazzuolo. Ma il signor Giovanni non ama parlare di questo periodo: “E’ stato un periodo troppo brutto” – mi dice.  Poi mi fa vedere la sua casa e gli annessi. Prima il seccatoio dei marroni. Questo piccolo edificio in muratura, con il tetto a lastre, è composto dalla parte inferiore dove fanno il fuoco. La legna da ardere deve essere di castagno, altrimenti la farina di castagne diventa amara. Sopra c’è un graticcio o una rete dove vengono distesi i marroni. Il fuoco va coperto con la “lolla”, che sarebbero i gusci dei marroni e va fatto ardere notte e giorno per 40 giorni. Anche la notte, prima di andare a letto, bisognava controllare il fuoco. Il signor Giovanni possieede una delle prime macchine per la battitura dei marroni, questa serve per separare la buccia dal marrone. Le castagne vengono così “spulate”, cioè  vengono fuori belle e pulite. Poi mi fa vedere il forno. Questo è di forma circolare all’interno, rivestito di mattoni, e anche il piano è di mattoni. Il coperchio di chiusura è in pietra e andava stretto bene altrimenti il pane non si cuoceva. Sopra lo sportello del forno un camino convoglia il fumo in uscita. C’è,su un angolo della casa, una meridiana antica, molto interessante, con i numeri romani e questa era il loro orologio. La casa dove abitano ha ancora i pavimenti in lastre, come pure il tetto. Sia la casa che gli annessi si aprono ad arco e, a lato della strada, una mulattiera che conduceva a Palazzuolo, c’è una chiesina, che probabilmente è molto antica. All’interno vi è una copia della Madonna di Boccadirio. Questo era un  tratto di strada molto antico e molto importante, che univa San Pellegrino a Palazzuolo passando per la Valle del Ceppeto. Ma le sorprese non finiscono. A circa 100 metri dalla chiesina c’era un antico Convento che si chiamava “Casa del Solano”, adesso in quel posto ci sono dei ruderi e una prunaia. Purtroppo di questo convento non  sono riuscito ad avere notizie. Giovanni mi fa infine vedere la legnaia. Questo annesso in muratura ha come caratteristica una porta centinata, cioè ad arco, fatto di legno di castagno. Lasciando quel posto, affido alla Madonna di Boccadirio, titolare della chiesetta, Giovanni e Natalina, augurando loro di vivere ancora a lungo, amandosi teneramente.

Paolo Campidori
(Copyright P. Campidori)