LE SFORTUNE DI CASTIGLIONCELLO

Quel  paesino posto al di là del fiume Santerno, ha esercitato dentro di me sempre un grande fascino. Sarà quel campanile che svetta silenzioso, saranno quelle poche case in parte diroccate, sarà la sua posizione arroccata, sarà il suo inserimento mirabile nel paesaggio montuoso. Ho chiesto spesso alle persone del posto notizie di quel paesino, ma la risposta era sempre la stessa: è Castiglioncello, ma è un paese disabitato, volendo quasi sottolineare questo “disabitato”, come un qualcosa di ineluttabile, di misterioso. Ma allora e ancora oggi spesse volte mi sono chiesto come un paesino così affascinante si sia spopolato completamente. Il paese mi passa sotto la mia immaginazione come le immagini di un film, e dire che qui a Castiglioncello un film è stato girato anni indietro sulla Linea Gotica, film che poi fu presentato a Cannes, senza successo. Mi pare nella mia immagimnazione di vedere un brulicare di persone, gente che va e viene chi con i muli chi con i somari.  Chi porta la legna, chi è intento nei lavori più vari; le donnine che sono affaccendate a fare il pane, le nonne che filano la lana davanti all’uscio di casa con i loro vecchi telai, ora pezzi appetibili per il mercato antiquario; il sacerdote che si prepara alle funzioni religiose; un gatto che miagola, un maiale che biascica nel trogolo, un cane che abbaia in lontananza, un tintinnìo di campanelli, le pecore che rientrano nel loro ovile. Sarebbe davvero un bel posto, ma non c’è  niente di tutto quello che ho descritto. Ma come si fa ad abbandonare un paesino così bello? Ma neanche  ci fosse stata la peste bubbonica. C’è stata invece una forte emigrazione verso la Germania e altri paesi europei agli inizi del ‘900, ma questo non è abbastanza per avere un vuoto così pauroso. In tanti paesetti come questo, la presenza umana, seppure rarefatta è sempre tuttavia rappresentata da una o due famiglie che hanno resistito, che non hanno volito lasciare il paese. Spesso e volentieri anche in altri paesini della zona, si trovano persone anziane che dicono e affermano di essere nate lì e di voler morire in quel posto. Ma questo paese è allora stregato? A guardarlo non si direbbe. E’ successo qualcosa di strano nel passato? Ebbene sì qualcosa di strano è successo verso la dine del 1700. Due anni dopo che la rettoria di Caglioncelli fu staccata dalla Diocesi di Imola, nel 1786, il campanile della chiesa vecchia fu colpito da un fulmine che lo fece cadere, lo fracassò tutto, entrando in chiesa attraverso il muro sopra l’uscio dell’altare. Un altro fatto: nel 1821, nella stessa chiesa provvisoriamente restaurata vi sostarono per oltre due mesi soldati granducali per vigilare sul confine toscano, e la ridussero in condizioni deplorevoli. La chiesa vecchia di Castiglioncello non era stata costruita entro le mura del castello, bensì a circa 300 metri dal paesino fortificato. Ho ritrovato un documento, o meglio una mappa, all’Archivio di Stato di Firenze che comprova con sicurezza l’esistenza e l’ubicazione di detta chiesa e altre cose. Si tratta di una pianta del 19 agosto 1788; chi la vuole visionare può farlo tenendo conto che si trova in “Carte Moderne 16- Sez XII, Vicariato Regio di Firenzuola, anno 1788”. Da questa pianta notiamo che la chiesa vecchia si trova all’altezza della grande ansa che forma il fiume Santerno , proprio nel punto, in linea d’aria, dove si immette un torrente detto Rio della Canaglia. E’ interessante notare che dall’altra parte della riva, proprio nel punto in cui confluisce il rio Canaglia, vi è il disegno di un’altra chiesa, corripondente alla chiesa abbandonata di Santa Lucia. E’ probabile che in questo punto, vi fosse un rudimentale ponte o un guado per atttaversare il Santerno, ma di questo non mi è stato possibile reperire alcuna informazione. Altri documenti ho rintraccito all’ASF, che riguardano l’abitato di Castiglioncello verso la metà del 1600. Uno di questi si trova nello Statuto delle Comunità soggette di Firenzuola alla data 1656 o 1686 (la data era un po’ abrasa dal tempo). In questo docummento risulta che la Comunità di Castiglioncello faceva parte della Comunità di Monti nel Vicariato di Firenzuola. Il documento in oggetto parla di 45 capi-famiglia appatenenti ai due popoli che si sono riuniti (spontaneamente, dice il testo) nella Chiesetta di Monti per discutere un odg (ordine del giorno) piuttosto curioso: mettere le capre off-limits (bandire) nei marroneti e nei frutteti della comunità nel periodo ottobre-novembre, vale a dire nel periodo della raccolta dei marroni. Tale divieto viene esteso  ipse iure anche alla comunità di Bordignano. Questo provvedimento si era reso necessario per impedire alle capre di arrecare danno all’interno delle marronete, quando i contadini avevano predisposto il bosco per fare un buon raccolto. E si sa, i marroni, all’epoca erano di vitale importanze per l’alimentazione di quei popoli, tanto da definirli la “farina dei poveri”. Ma un’altra “sfortuna” doveva colpire l’abitato di Castiglioncello. Da questo paese, passava ab immemorabili, e certamente dal medioevo una delle due importantissime strade che costeggiavano il Santerno: una sulla riva sinistra e l’altra sulla riva destra; entrambe portavano nella Romagna. Ma già verso la metà del 1700 una mappa della metà del ‘700, indica che la strada è diventata una sola: questa da Firenzuola giunge aalla Pieve di Camaiore, attraversa il fiume in questo punto e proseguendo verso Tirli, dalla parte opposta del fiume, escludendo così, irrimediabilmente, il nostro abitato di Castiglioncello. Ecco quindi, come è capitato tante volte nella storia, anche di recente, che quando un paese non è più “servito” da un importante strada di comunicazione subisce inevitabilmente una involuzione, tanto importante, tanto era l’importanza della strada che lo attraversava. Oggi il paesino di Castiglioncelli, sembra guardare giù nella valle con fierezza, avendo alle spalle secoli di storia, ma anche con tristezza  e quasi invitando i passanti a trascorrere un’ora dentro il suo borgo, una volta fiero castello fortificato. Ma Castiglioncello non è morto, il paese è solo addormentato e attende con ansia che risuoni fra le sue mura il martello del muratore, non per demolire ma per restuarare,  come un malato attende l’intervento di un medico. E c’è chi già pensa di risentire il dolce suono delle campane suonare a festa per un ritorno alla vita del paese, interrompendo così, e per sempre, l’atavica “sfortuna” del paese di Castiglioncello.

Paolo Campidori
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