VERRANNO “COOPERATIVIZZATI” I MUSEI MUGELLANI E ALTO-MUGELLANI?

Ho proprio qui davanti ai miei occhi il catalogo della mostra organizzata all’interno della Limonaia di Palazzo Medici-Riccardi del maggio-luglio 2003, che ha per titolo “La collana di Perle” e come sottotitolo “ Genio, spiritualità, Arte, Lavoro nei musei della provincia di Firenze”. Dopo aver sfogliato il catalogo, che comprende, tra l’altro anche i musei del Mugello e dell’Alto Mugello, mi sono “imbattuto” in uno degli “interventi” di presentazione al catalogo, ed esattamente, quello di Cristina Acidini, responsabile dell’Opificio delle Pietre Dure, avente per titolo: “Dai ricordi all’attualità: ‘La collana di Perle’, oggi”. Per dire la verità quello che mi ha sorpreso più di tutto, non è stato il fatto che chi ha scritto quell’articolo, sia il responsabile dell’Opificio delle Pietre Dure, dove io ho passato sette anni della mia vita, ma una piccola parola, quella con cui terminava il suo titolo: “oggi”. Questo “oggi” ha destato la mia curiosità. Perché se io dico di voler parlare della “Collana di Perle” (alludendo ai musei territoriali, in altre parole al “Museo Diffuso”) oggi, quell’oggi, quel voler fissare un riferimento a un periodo di tempo ben specificato, mi suona come un qualcosa che, in bene o in male, è mutato rispetto a un periodo precedente. “La Collana di Perle – scrive C. A. -  resta infatti a mio avviso una metafora assai calzante per evocare un prezioso e flessibile circuito, che collega gli splendidi elementi di una presenza museale varia e onnipresente”. “Certo – prosegue Cristina Acidini – l’elemento problematico e rischioso (come del resto nelle collane autentiche) STAVA E STA NEL “FILO”: FUOR DI METAFORA NEL COLLEGAMENTO, NELLE SUE MODALITA’, TENUTA, EFFICACIA”. Come dire, il problema “stava” (mi piace questo imperfetto) e sta (rimane) nel trovare un “filo” resistente e capace di collegare queste Perle (musei), nella  sua tenuta, e, non ultimo, la sua “efficacia”. Quest’ultima parola, poi, mi fa strabuzzare gli occhi: forse non si era convinti della sua “efficacia”? Probabilmente la Dr.ssa Acidini, già allora, riconosceva che questa “collana di perle”, da infilare pazientemente, una ad una, presentava un certo grado di problematicità, di rischio di insuccesso, che si è rivelato tale in tutta la sua interezza. Come ci si è mossi, dice la Dr.ssa Acidini, per far conoscere queste realtà museali mugellane ed extra mugellane? Con “palliativi”, tipo pubblicazioni di mini-guide, che hanno contribuito, (lo fa capire quasi con un velo di tristezza) a “diffondere la consapevolezza e l’apprezzamento dei musei della provincia fiorentina”. “Tutto questo – dice ancora C. Acidini – per ‘dirottare’  una fetta del turismo fiorentino versi i musei e verso le strutture ricettive della provincia. Ci siamo riusciti? Si chiede C. Acidini. No, assolutamente. Cito le sue testuali parole: “lo scopo di tali iniziative era di ‘dirottare’ parte del turismo di massa dai musei del capoluogo, alleggerendo così la pressione antropica sul fitto tessuto viario del centro storico e sul delicato sistema dei musei d’arte statali, esso non è stato raggiunto, e probabilmente non lo sarà mai” – conclude amaramente il funzionario O.P.D. “Proporre mete alternative – prosegue la Acidini – si è rivelato (per chi ci credeva) un’illusione….” Ammette quindi che “qualcuno” ha commesso un forte sbaglio di valutazione. Un fallimento quindi? Almeno per quel tipo di aspettativa (dirottamento dei turisti) sembra di sì. Resta il fatto del “filo”  che avrebbe dovuto collegare le “Perle”, nelle sue modalità, tenuta ed efficacia. Sembra che anche qui qualcosa abbia fatto “cilecca”. Naturalmente, per la Dr.ssa Acidini, (è ovvio) lo sbaglio o gli sbagli sono imputabili all’Amministrazione Beni Culturali, non si capisce bene se si vuol sottintendere la Soprintendenza fiorentina o il Ministero Beni Culturali che ha sede a Roma. “E qui – prosegue la responsabile O.P.D. - alludo all’Atto di indirizzo sui criteri tecnico scientifici e standard di funzionamento e sviluppo dei musei, pubblicato come supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 244 del 19 ottobre 2001. C’è chi ha notato (non lei, altri) – prosegue Acidini – come l’Amministrazione dei Beni Culturali mostri sintomi di strabismo (per non  ricorrere al termine forte di schizofrenia)….allorché, con l’Istituzione delle Soprintendenze Speciali per i Poli Museali, reseca il secolare legame tra il museo e il suo contesto, tra la conservazione/valorizzazione e la tutela”. Come si può dunque risolvere il problema dei “musei locali”? Collegandoli in “rete”. Ciò significa in altre parole “cooperativizzare” i musei? Sembra di si. Come? “Mettersi in ‘rete’ – afferma C. Acidini - potrà significare rientrare in una linea promozionale riconoscibile (a partire dalla grafica, dal logo, dall’editoria), ottimizzare gli aspetti funzionali (orari, prenotazioni, bigliettazione), condividere professionalità adeguate quali direttore, curatore, restauratore, esperto scientifico, che nessuno di essi (musei) può permettersi da solo”. Chi sarà la persona o l’Ente che potrà farsi carico di tutto questo? Cristina Acidini non ha dubbi: “Nessun ente meglio della Provincia di Firenze, il cui Assessorato alla Cultura ha mostrato su questo forte coerenza di visione e continuità d’impegno esemplari, potrà farsi carico di questo progetto…..”. Mi viene da pensare al Museo della Vita e del Lavoro delle Genti di Montagna di Palazzuolo sul Senio, di proprietà dei cittadini palazzuolesi, come altri del resto. Saranno anch’essi messi “in rete”, vale a dire “cooperativizzati”?

Paolo Campidori
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