Dopo la man bassa culinaria del Natale, mi è capitato di visitare il Museo d’Arte Sacra di Sant’Agata di Mugello. La giornata, meteorologicamente parlando, era delle peggiori: pioveva e faceva un freddo cane. In serata poi è nevicato sui rilievi appenninici. Dopo aver visitato la chiesa di Sant’Agata, splendida e ben tenuta, come sempre, ho voluto rivedere il piccolo museo annesso, la raccolta di Arte Sacra, che avevo già visitato lo scorso luglio o agosto in una giornata caldissima e afosissima. Evidentemente, quando vado per musei la fortuna “metereologica” non mi accompagna. Già. dicevo, un museo D.O.C., di quelli Da Organizzarsi in Casa, vorrà dire questo? Faccio un esempio, quando in una casa si deve ‘organizzare’ un salotto o una cucina, cosa si fa? Si prendono le misure della stanza, oppure si fanno quattro passi in largo e in lungo, e si comincia a dire: qui ci sta bene questo, là ci sta bene quello, la credenza è meglio metterla davanti alla porta, il televisore davanti alle poltrone ecc. Ma un museo non si organizza così, non è una cosa che si può fare ‘fatta in casa’ come si fa la sfoglia con il matterello. Fare un museo è una cosa molto seria per l’organizzazione del quale bisogna tener conto di numero di fattori elevatissimo, a iniziare dalla sicurezza, alla climatologia, all’illuminazione, alla posizione delle opere rispetto alla luce, in quanto queste devono essere ‘leggibili’ al massimo. Però, premetto una cosa, io non intendo dare lezioni a nessuno, esprimo un mio giudizio come libero cittadino e come mugellano. Nei vent’anni e passa che io ho trascorso alla Soprintendenza Beni Artistici di Firenze, prima, alla Soprintendenza Beni artistici di Bologna,poi, e, infine, al Gabinetto di Restauro della Fortezza da Basso, sono venuto a conoscenza di cognizioni relative alle opere d’arte, pur non essendo uno specialista in materia di climatologia o di museologia. Certo, devo dire che sono stato a contatto con museologi e climatogi, oltrechè restauratori di fama internazionale, essendo un collaboratore, e ho avuto modo di apprendere e di leggere loro ‘esperienze’ su restauro, climatologia, museologia ecc. So, per esempio, e per dire questo mi sono basato su studi pubblicati dal CNR, dall’Opificio delle Pietre Dure, dal Gabinetto di Restauri (Vedi cataloghi Mostre di Restauro), che le opere d’arte, finchè restano nelle chiese, godono di quel microclima ‘ideale’ che ha permesso loro di vivere, e vivere bene, per secoli, insomma per arrivare fino a noi in buona salute. Se un’opera d’arte, dal suo posto originario dove gode di questo favorevole microclima, viene esposta in un luogo, come nel caso di Sant’Agata, sottoposte al freddo più rigido, al caldo più afoso e alla polvere (non esiste un diaframma che isoli l’ambiente museale dall’esterno, se si eccettua una porta che rimane sempre aperta) questo, secondo il parere, non mio, ma degli esperti causerà un trauma irreversibile alle opere d’arte. In particolare, queste forti escursioni termiche di caldo-freddo causeranno alle tavole tre-quattrocentesche delle forti ‘tensioni’che agiranno sui legni nella maniera più deleteria. Le tavole cominceranno a imbarcarsi e la pittura che è stesa su un supporto di gesso comincerà a crettarsi, provocando dei sollevamenti di colore e di vernice. Che dire poi dell’umidità? Un piccolo deumidificatore posto nella stanza dell’arte sacra minore non credo sia sufficiente a garantire un clima ideale alle opere d’arte nei due ambienti. Si dovrebbe, forse, oltre alla installazione di un ‘diaframma’ fra l’esterno e l’interno, ricreare con mezzi tecnici moderni, n microclima il più possibile vicino a quello che avevano le opere nella loro collocazione naturale, storica. L’eccessiva umidità accompagnata da un caldo intenso, invitano a nozze i tarli e altri parassiti, a fare un bel pranzetto delle tavole e delle tele. Ma oltre ai tarli esistono anche le muffe, causate in modo particolare dall’umidità, che sono agglomerati di microorganismi che ‘digeriscono’ le opere d’arte dal loro interno. E poi la polvere. Trattandosi di un museo ‘quasi all’aperto’, ed essendoci un parcheggio vicinissimo, dove le auto arrivano e partono, questo fa sì che le opere d’arte vengano irrorate continuamente da nuvole di polvere e altro (anche se noi non ce ne accorgiamo). Che dire poi dell’illuminazione: insufficiente, inadeguata. E della collocazione delle stesse? Alcune sono ‘illeggibili’, nel senso di non fruibili o perché sono troppo in alto o troppo in basso rispetto a chi le guarda. Cosa dire poi del biglietto di ingresso? Mi sembra un pò caro considerando il fatto che si tratta di un piccolo museo. Quanto si dovrebbe pagare agli Uffizi in proporzione. Forse dieci o venti volte tanto. E poi, in fatto di far pagare cara la cultura io ho un’idea tutta personale, che non esprimo e tengo per me, non voglio sollevare altri vespai. Le opere d’arte della raccolta di arte sacra, ripeto, sono tutte molto importanti, forse anche troppo. Sulla sicurezza delle stesse, e sugli impianti antifurto, non sono competente, anche perché in questo campo, mese dopo mese, ci sono nuove invenzioni, impianti più sicuri, ma lascio agli esperti questo compito (spero di non lasciarlo ai ladri, che sono così frequenti nelle nostre campagne nugellane!)
Vorrei infine spendere due parole su alcune opere d’arte che si conservavano nel Museo ed e, fino a non molto tempo fa, si trovavano nella Chiesa di Sant’Agata. Queste opere, quando furono fatte, furono donate alla chiesa, da magnati o dal sacrificio di povera gente verso le quali, il popolo, ha sempre riposto una speranza di fede, da secoli e secoli. Queste opere, quindi, loro appartengono, e, mi sembra un errore sottrarle al culto dei parrocchiani e amici santagatesi. Io non vorrei, e spero proprio di no, che un parrocchiano per andare a dire un’Ave Maria alla Madonna, della quale era devoto, debba pagare il biglietto d’ingresso! Robe da matti. Tuttavia, non sono pessimista. Credo che il ‘piccolo’ museo d’arte sacra diventerà rapidamente adulto, anche perché ho visto tante persone di buona volontà che si sono presi cura di questa nascente istituzione, a cominciare da tanti giovani che svolgono un servizio di volontariato veramente meritevole.
Il Museo in oggetto non è bocciato definitivamente, diciamo che è solo rimandato a settembre. Spero che non si leverà un coro di proteste, la mia vuole essere una critica costruttiva, il giornale in fondo è fatto anche per questo e cioè per informare nel bene, nel meno bene e, se necessario, nel male. Non è questo il caso. Un giudizio molto più positivo mi sento di esprimerlo per la contigua Esposizione Archeologica. Ma di questa parlerò in una prossima occasione.
Paolo Campidori
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