Eccoci arrivati a uno dei punti “dolens”, o meglio al punto più misterioso in
assoluto di tutta la questione etrusca: quella delle origini, o meglio della
provenienza. Esistono varie teorie su questo punto, nel senso che gli studiosi
sono divisi se azzardare, avallare o dare per scontato le varie teorie avanzate
nel corso della storia, oppure se non sia, più prudente parlare di una
necessità, o meglio ancora non parlare di origini, ma di “formazione”. Insomma,
inutile nasconderlo, se la fine della civiltà di questo popolo resta misteriosa,
non di meno lo è il suo inizio, se così si può parlare. Esistono varie teorie
sulla provenienza o sulle origini, ma a me sembra, che la “teoria” che
attualmente sia più “di moda” è quella dell’autoctonìa.
Ho
avuto la conferma di ciò, anche la scorsa estate, vistando vari musei
dell’entroterra etrusco maremmano. Al contrario delle teorie avanzate a
cominciare dall’antichità, fino ad arrivare all’età moderna, su questo spinoso
problema, il grande storico ed etruscologo Massimo Pallottino, per la prima
volta, ha come dire, “disconosciuto” il problema delle origini rovesciando, in
un certo senso, il modo di ragionare, e di congetturare sulla provenienza di
questo popolo ed ha aperto una tesi, tutta propria, discutibile anche questa,
se vogliamo, cioè quella della “formazione in loco” di un popolo. Bisogna dire a
questo proposito che la scienza dell’Etruscologia, intesa in senso metodologico,
moderno, della “etruscologia” è abbastanza recente, essa risale solo nel XVIII
secolo, quindi verso il 1700. In passato, è vero, erano state ipotizzate, varie
tesi sulle origini di questo popolo, ma, si sa le fonti antiche, quelle greche e
romane, erano un po’ troppo influenzate dalla mitologia che era la religione di
quei tempi. E’ vero che un illustre studioso ha affermato che non è la storia a
spiegare la mitologia, ma è quest’ultima a spiegare la storia, ma non
esageriamo. Fatto sta che molti avvenimenti considerati un tempo mitologici, si
rivelano veri, cioè la mitologia ci ha permesso di scoprire molte verità
diventate storia. Dunque, é questo il punto importante del discorso, gli
etruschi erano stati in un certo senso dimenticati. Fino a non molto tempo fa,
la cultura ufficiale, la storia del nostro paese era letteralmente “intrisa” di
romanicità e questo lo è stato per moltissimo tempo, per quasi due millenni. La
conquista del popolo etrusco, per mano dei romani, ha cancellato del tutto o
quasi il ricordo, la lingua, gli usi, la scrittura di questo popolo
meraviglioso.
L’effetto che ha avuto la civiltà romana sul popolo etrusco è simile a quella,
che nei secoli passati, persone, davvero maldestre e poco illuminate, hanno
steso una mano di bianco o di altro colore coprente su meravigliosi affreschi
medievali, rinascimentali, barocchi, etc. Oggi, con la mano paziente del
restauratore, con il suo bisturi usato sapientemente, questi capolavori, a poco
a poco, vengono riscoperti in tutta la loro bellezza, quasi per magìa. Lo stessa
cosa sta avvenendo per gli etruschi. Giorno dopo giorno assistiamo, alla
scoperta di tombe con ricchi corredi, di siti archeologici, di fondamenta di
case, di templi, ecc. La civiltà etrusca, sta affiorando prepotentemente dagli
scavi, in tutta la sua bellezza e oggi, più che mai, possiamo affermare con
sicurezza che non due grandi civiltà antiche hanno influenzato la nostra
Italia, ma di tre grandi civiltà: quella greca, quella etrusca e quella
romana. C’è stato indubbiamente un concorso di fattori, che hanno determinato
l’offuscamento di questo popolo. Senza dubbio i romani hanno avuto il ruolo
maggiore di demerito, avendo assoggettato questo civilissimo popolo, quindi
avendolo privato della libertà, dei loro costumi, della loro religione ed
avendogli fatto accettare forzatamente la loro cultura. Poi le invasioni
barbariche e il cattolicesimo hanno fatto il resto. In seguito, per tutto il
medioevo, nelle università europee, lo studio della lingua latina e del diritto
giustinianeo, era alla base di tutti gli indirizzi di insegnamento di allora.
Poi è venuto il Rinascimento, un movimento culturale complesso, che aveva fra
le altre caratteristiche, quella della riscoperta e lo studio degli antichi
capolavori di letteratura greci e latini, della riscoperta delle bellezze
classiche scultoree, architettoniche e pittoriche, sempre di queste due civiltà
del passato ma non degli etruschi, salvo poche eccezioni, come, ad esempio, la
Chimera d’Arezzo, “restaurata” in periodo rinascimentale. Bisogna arrivare,
come abbiamo detto, al 1700, esattamente 1726, con la fondazione della Accademia
Etrusca di Cortona, che diventerà il centro di questa attività erudita.
Soprattutto nelle nostre scuole, gli etruschi, sono stati emarginati dalla
nostra cultura (con il pretesto che non si trattava di un popolo civile ma di
gente dedita ai passatempi e alla vita godereccia: un’immagine questa del tutto
falsata) in favore di una romanicità esasperante, insegnata pedantemente nelle
scuole fino a farcela diventare indigesta. Eppure gli etruschi ci hanno dato
tanto in termini di cultura, di lingua, di costume, anche se non si sono
trovati ancora i famosi testi letterari, vale a dire gli scritti eruditi
etruschi sulle varie discipline. Gli etruschi, con la loro arte, hanno riempito
i musei italiani e di tutto il mondo con le loro sculture, le ceramiche, i
meravigliosi gioielli o oggetti del loro vivere quotidiano. Non per ultimo la
lingua. Eppure anche questo apporto così importante è stato, per così dire,
disconosciuto. Non importa risalire ai vecchi dizionari dell’Accademia della
Crusca, per rendersi conto di ciò. Basta guardare un dizionario dei nostri studi
giovanili, delle scuole superiori, per renderci conto di come nella derivazione
delle parole si parli quasi esclusivamente di derivazioni latine e greche o
arabe. Dove mancano queste derivazioni, i vocaboli restano senza paternità,
sembrano non avere storia, come usciti fuori dal nulla. Se io prendo, ad esempio
la parola “olio”, il vocabolario mi dice che deriva dal latino “oleum”, lo
stesso dicasi per vino. Eppure gli etruschi chiamavano quest’ultimi “eleiva” e
“vinum”, molto simile al nostro italiano. Ce ne sono in abbondanza parole che
derivano dall’etrusco. Prendiamo la parola “clan”. Oggi sentiamo dire Sempronio
appartiene al “clan” di Tizio o di Caio, oppure per fare un esempio più terra
terra, il Clan di Cementano. Per gli etruschi clan significava “figlio”. Invece,
la parola “sex”, una parola oggi tanto usata e abusata, vale a dire “sesso”, in
etrusco significava “figlia”. Mi sembra ci sia un ottimo accostamento fra i due
significati. E non possiamo fare ancora uno studio definitivo, poiché per ora i
vocaboli etruschi conosciuti sono solo quelli relativi all’ambito tombale,
cimiteriale e poc’altro ancora. Con il tempo, via via che ci saranno nuove
scoperte, vedremo sempre più l’apporto notevole della lingua etrusca sulla
nostra lingua italiana. Dobbiamo renderci conto che gli Etruschi sono fra noi,
sono “tornati”, anzi ci sono sempre stati, non sono mai andati via. Le genti
etrusche che popolavano Fiesole e il Mugello Orientale sono sempre lì, con i
loro usi, i loro costumi, la loro lingua caratterizzata da quella “c” aspirata
di derivazione etrusca. I Romani li hanno vinti, li hanno assoggettati, ma non
li hanno annientati. Piano piano, i loro oggetti personali tornano in
superficie: rasoi, piatti, le anfore, le “mezzine” di rame saltano fuori dal
terreno e ci parlano: “Mi spanti Nuzinaia”, “Mini muluvanice Mamarce”, “Io
appartengo a Nuzinai”, “Questo Mamarce l’ha donato a me”, e così tornano a
farsi “vive” le persone: Nuzinai, Mamarche, che il tempo aveva dimenticato. Poi
tornano a rivivere i volti di questa gente raffigurata nei coperchi dei
sarcofagi, negli affreschi parietali delle tombe, nella lamine, nelle statuine
in terracotta. Tornano i loro stupendi gioielli come le fibule, gli orecchini, i
bracciali. E’ un mondo che “rimpatria” ma che non era mai sparito, solamente era
stato dimenticato. In uno studio recente, nel sangue degli italiani, ma in
particolare in quello dei toscani, è stata rilevata un percentuale non
trascurabile di sangue etrusco, cioé di quel sangue le cui caratteristiche sono
state analizzate nei reperti umani delle tombe etrusche e che corrisponde
parzialmente alle caratteristiche del sangue di noi “etruschi moderni” la cui
composizione è senz’altro detrminata da elementi fornitici dal buon vino delle
nostre vigne e dall’ olio extra vergine di oliva. Nei territori dove non
attecchiscono queste due piante, dubito che vi abitassero gli etruschi! Non vi
sembra meraviglioso tutto questo? Ma abbiamo perso di vista il tema delle
“origini”, tema che riprenderemo prossimamente.
Paolo Campidori
(Copyright P. Campidori)