ARTE AL FEMMINILE A RUFINA

Una intervista con la pittrice Vanna Innocenti

Sono capitato per caso a Rufina, di ritorno da San Lorino e Londa, dove mi ero recato per acquisire una documentazione fotografica per i miei articoli che riguardano la Pieve di San Lorino e il paese di Londa. Mi sono quasi imbattuto davanti a quel cartello rosso, che pendeva dal palazzo Comunale e era intitolato Festa della Toscana. Mi sono incuriosito e entrando nelle sale, di solito adibite per esposizioni, ho notato un via vai di persone, che stavano portando pitture, sculture, ecc. Ho notato vecchi amici, fra i quali il nostro Manlio Nebbiai che con aria soddisfatta e dopo avermi salutato, con il suo solito sorriso sornione mi dice: “Bella roba eh Campidori?”. Io che conosco Manlio, so prima di tutto che lui è nel suo centro quando è in mezzo all’arte e agli artisti; inoltre la sua contentezza va alle stelle quando questi artisti sono validi e quando i loro lavori non sono da meno. Già, appoggiati alle pareti, ma non ancora appese sui muri c’erano alcune opere meritevoli d’attenzione, fra le quali ho apprezzato alcuni scorci, ad esempio su San Giovanni Maggiore in Mugello, un quadro raffigurante un maestro d’orchestra che dirige una grande orchestra, un tenero quadro con madre e bambino. Dopo aver detto a Manlio che ero rimasto piacevolmente sorpreso per la qualità delle opere, Manlio mi ha fatto conoscere una pittrice interessante, una rufinese doc, che si chiama Vanna Innocenti. Dopo alcuni preliminari d’uso, nella quale mi ha raccontato in breve la sua vita, mi ha parlato un po’ anche della sua attività d’artista. Dopo essermi complimentato con lei per i quadri Le ho detto: “Se non mi avessero detto che si tratta di una mostra fatta da sole donne, io certamente non me ne sarei accorto”. Infatti, come ho fatto rilevare alla Vanna Innocenti, certi tratti riscontrati in certi paesaggi, certe pennellate decise, “maschie” le si potrebbero definire, certe tonalità intense, non facevano certo pensare che l’autore fosse una donna. In un  certo senso la pittura delle donne ha acquisito quella “virilità” che gli mancava e si è in tutto equiparata agli uomini. L’arte femminile si è emancipata? Ho chiesto alla Innocenti? La risposta è stata la seguente: “Se prima la donna era costretta a fare mazzolini di fiori e gattini, ora la cosa è cambiata molto. La figura della donna non è più legata ai fornelli di casa, ma la donna, emancipata, non più schiava del marito, si è conquistata un posto importante nella società moderna”. Allora io mi sono chiesto cosa significa “emancipato”. Sono tornato ai tempi della mia gioventù, quando frequentavo la Facoltà di Giurisprudenza, in Via Laura a Firenze. Studi che poi non ho terminato. Mi ricordo, tra l’atro di aver dato un esame con Giorgio La Pira e di averlo superato brillantemente. Il nostro Giorgio La Pira era un tipo molto originale. A lui bastava capire se a noi esaminandi erano entrate nella “capoccia” alcune cose basilari e strutturali del diritto romano e giustinianeo, come per esempio l’Obligatio, che doveva essere recitata a memoria, in latino. Lui era solito dire che quando si fossero acquisite certe basi del diritto romano, con quel suo fare francescano, sempre con il sorriso in bocca, si sarebbe potuto andare in qualsiasi parte del mondo, anche in Cina, diceva il buon La Pira. E quando un esaminando non era ben preparato su queste cose basilari, invece di dirgli che era rimandato, gli chiedeva: “Sei andato alla Messa stamattina? Ecco, vai prima alla Messa e poi ritorna un’altra volta, e vedrai che sarai più preparato”. Ecco, dunque l’Emancipatio, altro chiodo fisso delle Istituzioni di Diritto Romano, se ben ricordo, era un atto mediante il quale un servo, uno schiavo veniva liberato, cioè reso libero, ancora meglio, veniva reso cittadino a tutti gli effetti. Per quanto invece può essere il significato moderno, l’emancipazione sta a significare la liberazione della donna dalla cosiddetta soggezione degli uomini e dalla inferiorità civile e politica. La domanda della Signora Innocenti non poteva non cadere su: “Ma lei è maschilista?”. Le ho risposto di no, che amo le donne nel vero senso della parola, senza finzioni, e che amo soprattutto il bene delle donne stesse. Dopo una battutaccia della Signora Vanna Innocenti, se io una donna me la porterei in casa, Le ho risposto, che: “Sì, la porterei tant’è vero che ce n’ho una che la tengo da trenta anni”. Lei invece era dell’opinione che io l’avrei portata una donna in casa solo per alcuni giorni. Si sbagliava. Ho domandato allora a Vanna Innocenti, perché prima, diverso tempo fa, le donne dipingevano, secondo lei, solo mazzolini di fiori. “Perché ci facevano fare solo quelli”, mi ha risposto. “Cosa significa allora, che la donna è più schiava adesso che nel passato?” Le ho detto. Mi vengono in mente due figure eccezionali di donne, artiste straordinarie che hanno lasciato lavori importantissimi. Parlo di Artemisia Gentileschi, romana, nata sulla fine del 1500 che lascia una Maddalena a Pitti, un Giuditta e Oloferne agli Uffizi e una Annunciazione a Capodimonte. Rosalba Carriera (1675-1757), pittrice veneziana, “guardata sempre per i suoi aspetti più facili, grazia, leziosità, morbidezza delle forme e dolcezza del colore”, riscosse un consenso universale. Prelati, principi, duchi, re, imperatori ambivano un ritratto di Rosalba. Ma l’elenco delle donne grandi artiste del passato potrebbe continuare per molto. Chiariti certi punti la Signora Vanna passa ad illustrarmi le sue tele. Devo dire che sono veramente meritevoli di attenzione e non solo, mi piacciono. Una bella veduta della Villa di Poggio a Rufina, davvero raffinata, davvero elegante, senza forzature, senza la voglia di sbalordire, ma solamente un tratto e una pennellata elegante. Poi un altro suo lavoro che rappresenta un nudo di donna che è intitolato, mi sembra, la “Solitudine”. “Ho voluto raffigurare, questa donna giovane, seminuda, inserita in un ambiente notturno, per evidenziare il senso della solitudine di certe donne”. E’ veramente un bel quadro. Questa volta la pennellata è elegante ma decisa, i colori forti, anzi drammatici, e, nel soggetto c’è una meravigliosa introspezione psicologica. Che dire di più di questa mostra, della quale io ho avuto l’onore di vederla in anteprima? Una mostra che vale la pena di visitare, di ammirare e di apprezzare. Una mostra che io ribattezzerei “Arte universale”. La mostra verrà inaugurata sabato 30 novembre alle ore 11.

Paolo Campidori
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