Se nella Versilia Massa e Carrara sono conosciute nel mondo per le loro cave di marmo “statuario”, non di meno Firenzuola, vanta un “primo posto” nell’estrazione e nella lavorazione della cosiddetta “Pietra Serena”. Specialmente in questi ultimi anni le cave si sono moltiplicate, segno quindi che la domanda di pietra serena è aumentata. Le cave le vedi non appena scollini il Giogo e scorgi la catena di montagne che stanno dietro a Firenzuola. Le vedi con nitidezza nei giorni quando l’aria è più pura, in modo particolare nelle giornate che seguono a una bella nevicata, esse intaccano appena il bel profilo delle montagne, quasi come se alle stesse fosse stato dato un morso, come si dà al pane. E allora le cave le vedi lassù, nello scintillìo delle loro pietre, nell’orogenesi delle stratificazioni, nella polvere rimossa dalle esplosioni dei cavatori. Se poi scendi a valle, a Firenzuola, nei cantieri delle ditte escavatrici, vedi grosse gru e grandi macigni di pietra serena, pronti per essere spediti in ogni parte d’Italia e del mondo. Ormai, questo materiale è entrato dappertutto nell’edilizia moderna e si “sposa” bene accanto al bel mattone rosso toscano, accanto al cotto e alla ceramica. I toscani, da tempo, se se sono accorti di questo bel materiale e si sono dati da fare a costruire bellissimi portali in pietra serena, ma anche archi, caminetti e oggettistica di arredamento. La pietra serena è usata oltre che nell’architettura anche nella scultura. Accanto alle cave moderne, esistono anche delle cave antiche, storiche diremmo, dove i vecchi cavatori estraevano la pietra con le loro mani ma soprattutto con la loro fatica. Allora non esistevano certo i macchinari moderni, che vengono usati oggi. Firenzuola vanta e ama anche questo passato di cavatori e scalpellini, che seppur minoritario rispetto agli addetti all’agricoltura, è tuttavia importante. E forse non c’è niente di meglio per ricordare il passato di questa nobile arte che istituire un Museo della Pietra Serena, come appunto ha fatto Firenzuola. Dico subito che in questo museo ti senti a tuo agio. Prima di tutto perché la pietra serena emana un fascino tutto particolare, in quanto ti parla di vicende umane, di gente che di fatica ne ha fatta tanta, ti parla di sudore, di calli nelle mani, di dita schiacciate dai mazzuoli, ti parla anche di drammi umani, sempre presenti nelle cave. Le opere che trovi in questo museo, pur essendo importanti, non ti sovrastano, ma ti stanno davanti, le godi, le fruisci, è una armonia di sensazioni. L’illuminazione del museo è quella giusta, poiché anche grazie alla porosità della pietra serena, le opere vengono avvolte e quasi accarezzate da questa luce. Il rapporto uomo-opera d’arte è mirabilmente studiato e misurato, tant’è vero che l’opera la vivi in quel percorso ideale che va dalla cava di pietra serena all’opera finita. Insomma è un museo simpatico e non mancano le sorprese a cominciare da un leone in pietra, opera probabilmente etrusca (Questo confermerebbe, se ancora ce ne fosse bisogno, che il territorio bagnato dal Santerno era etrusco). Fra le altre opere citiamo due architravi in pietra serena, uno del 1514, l’altro del 1655. Una curiosità: quello del 1514 , sul quale sono scolpiti due stemmi, quello di Firenzuola e una stemma familiare, fu ritrovato in un porcile, come scalino di accesso. Ci sono poi quattro interessantissimi capitelli, che appartenevano alla vecchia Pieve di san Giovanni Battista, distrutta dai bombardamenti americani del 1944. Sono esposti anche alcuni utensili usati per lavorare la pietra serena, fra questi il “bocciardo” o “bucciardo” dentellato da una parte e liscio dall’altra, che era un mazzuolo usato dagli scalpellini. Un altro utensile chiamato “schiantino” o “stiantino”, altro non era che uno scalpello corto e largo, sempre usato dagli scalpellini. Fra le opere di pregio notiamo una Madonna con Bambino, di buona fattura, che proviene dalla chiesa di San Pellegrino. Altra opera notevole è un ciborio in pietra serena eseguito da Antonio Tagliaferri, che proviene sempre da San Pellegrino.Queste opere sono esposte nella sala detta della “cannoniera”. Inseriti nei camminatoi delle mura ci sono due serie di televisori che dimostrano la lavorazione della pietra serena ad opera di una scalpellino che esegue la fase detta della “sbozzatura”. In un’altra sala troviamo due interessantissime pietre, provenienti da Rapezzo, che ci ricordano il lavoro dei contadini. Si tratta di due pietre triangolari, con un buco nell’angolo superiore, nel quale veniva inserita una corda e attaccata ai buoi e serviva per trebbiare il grano e i legumi. Come abbiamo visto la pietra serena riveste e ha rivestito un ruolo di primaria importanza anche nell’edilizia rurale antica. Esistono tutt’oggi antichi rustici con i tetti formati da lastre in pietra serena che hanno “riparato” i nostri vecchi e i nostri antenati dalle intemperie per secoli. La pietra veniva usata anche per lastroni di copertura degli antichi forni, per pavimentare le case antiche, per la fabbricazione di meridiane, per ornamenti delle chiese, quali altari e colonne. La stessa pietra serena oggi la ritrovi per gli usi più nobili, la ritrovi nelle ville più lussuose, nei giardini più prestigiosi, nelle sculture moderne. Tutto è partito dal lavoro di quei modesti scalpellini e cavatori che con umiltà e sacrificio hanno lavorato e rischiato per far evolvere la società. Grazie anche a loro oggi Firenzuola occupa quel posto che le compete di diritto nella Toscana e anche di più.
Paolo Campidori
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