MONTESENARIO OGGI
Intervista con il priore del Convento
Essendo un ospite quasi abitudinario del Convento di Montesenario, non da ora,
ma fin dalla fanciullezza, posso dire di conoscere questo convento abbastanza
bene e di aver veduto con il passare degli anni anche le trasformazioni (poche
in verità) del complesso conventuale, i passaggi di “proprietà”, usando una
iperbole, per significare i passaggi da un priore all’altro, o altre
trasformazioni, questa volta più consistenti, della tipologia del visitatore o
del modo di “avvicinarsi” a questo Santuario. Ritengo, che una volta, ci si
“avvicinava” a questo sacro eremo con più fede, in porticolar modo in occasione
di feste importanti. Mi ricordo che da ragazzo partivamo a piedi da Fontebuona,
si saliva a Ferraglia, giù per Risercioni, si lambiva Bivigliano e si arrivava
per la vecchia stradina al Convento. Lungo questa stradina, mi ricordo,
prestavamo particolare attenzione e devozione alle stazioni della Via Matris e a
ogni tabernacoletto dicevamo una preghiera e depositavamo un fiore o un
sassolino. Arrivati alla vetta, il nostro occhio scrutava meravigliato il
panorama superbo che spazia a 360 gradi, Mugello, Valle della Carza, Firenze,
che meraviglia! Quassù si trovava letteralmente una invasione di persone, non
c’era prato, non c’era un angolo che non fosse affollato di persone. E poi le
grotte! La nostra fantasia di fanciulli era messa a dura prova. Dei santi
eremiti vivevano in queste grotte? Ma come facevano le nostre ancestrali paure a
conciliare questa idea. E poi gli animali selvatici, e questi santi che si
cibavano solo di bacche o altri frutti selvatici. Era troppo perfino per la
nostra fantasia. I tempi sono cambiati. Montesenario ha subito una vera e
propria “profanazione”. Più che di pellegrinaggi di fede si deve parlare di
turismo, per i più svariati motivi. Motivi artistici, luogo di villeggiatura,
ecc. ecc. ecc. Allora vuol dire che i tempi sono cambiati? Ti aspetti e speri
che qualcosa cambi, in meglio possibilmente. Ma questo dipende anche da noi. Per
conoscere ancora meglio la realtà del Convento, ho voluto incontrare
personalmente il nuovo priore, che gentilmente mi ha concesso una breve
intervista. Padre Luigi è questo il suo vero nome? Si sono Luigi De Candido e
provengo da una famiglia di nobiltà terriera decaduta al tempo di Napoleone. Lei
è toscano, da dove proviene? Sono friulano e provengo da un villaggio della
Bassa Friulana. Dove era precedentemente e quale carica occupava? Ero a Rovato,
un convento del ‘400, in provincia di Brescia. Questo convento fu fondato dalla
Congregazione dell’Osservanza, un gruppo di frati che volevano vivere in maniera
più rigida. Lì ero il priore della comunità. Conosceva l’ambiente di
Montesenario? Si, tutti i Servi di Maria lo conoscono dal periodo della
formazione. Poi io sono stato a Firenze 5 anni per il Liceo e la Filosofia e
durante l’estate passavamo l’estate a Montesenario come frati studenti.
Successivamente, sono venuto come pellegrino e per attività culturali. La data
in cui lei ha assunto la carica di priore di Montesenario? L’11 dicembre del
2000 mentre era alla conclusione il grande Giubileo. Come ha ritrovato
l’ambiente? Dal punto di vista logistico è stato in fase di ristrutturazione,
quindi abbellito: c’è bisogno tuttavia di ulteriori restauri dell’immobile.
L’ambiente conventuale continua la solidità del lavoro che da decenni i frati
stanno sostenendo, per es. il lavoro dei boschi, bar, distilleria, sacrestia,
libreria, ecc. Lei è considerato un padre o un confratello? Bisognerebbe
domandare agli altri come considerano il priore. Lei è severo? Si sono molto
severo e questo fa parte del carattere friulano unito anche alla dolcezza e
riservatezza. Quali sono i problemi più urgenti che si è ritrovato a dover
risolvere qui a Montesenario? L’imponenza dei lavori, l’onere della
manutenzione di un edificio così complesso, alcune situazioni di anzianità dei
fratelli, la diversificazione dei pellegrini che salgono al Monte. Quali sono i
progetti che questo convento vorrà realizzare nel futuro? Progetti sentiti e
necessari sono il potenziamento della condivisione della vocazione servitana con
i laici ed una loro continuità di partecipazione alla vita della comunità e di
collaborazione alle sue attività. Quali sono i suoi hobbies, meglio dire, ama
qualcosa in particolare ad es. arte, letteratura, ecc.? Sarebbe il giornalismo,
ad esempio: ho scritto per molte testate, saggi, interviste.... Non ho potuto
proseguire con ampiezza questa attività per altri impegni di tipo conventuale
“quasi claustrale”. Lei è un padre più contemplativo o d’azione? Né
contemplativo, né d’azione. Non mi sento etichettabile in questo senso.
Preferisco il realismo con tendenza all’ottimismo. Ama il Mugello? Quali sono i
punti di vista: orografico, flora, fauna. Anch’io mi dedico al servizio nelle
parrocchie. Qual’è stata la scintilla, per la quale ha deciso di farsi Servo di
Maria? Scintille non esistono. Esistono continuità di luci. La maturazione di
una vocazione specifica avviene lentamente con una consapevolezza motivata e
acquisita. Quali sono le caratteristiche peculiari del Convento? Possibilità
molto varia di incontri personali dei frati con la gente, di dialogo e
d’accoglienza, di disponibilità logistica per presenze e attività di tipo
culturale e spirituale, la liturgia, la preghiera, ovviamente la storia e la
memoria che sono fondamentali per l’identità dell’Ordine. E soprattutto noi
frati...Anzi in primo piano i Sette Fondatori!
Paolo Campidori
(Copyright P. Campidori)