“UN PANE DEL PERDONO”

Già da molto tempo sentivo il desiderio di recarmi al Santuario di Boccadirio, che si trova presso Baragazza. Sono uscito dall’autostrada, come al mio solito a Roncobilaccio, qui in questa località io ha avuto una casetta quando i miei figli erano piccoli, Leonardo il più grande aveva 6-7 anni e Jacopo il più piccolo era appena nato. Nello stesso periodo io ero stato trasferito alla Soprintedenza Beni Artistici di Bologna, poiché “vincitore” di un concorso nazionale per segretario-documentalista. Mi ricordo che durante le ferie, che trascorrevo nei mesi di luglio e agosto, essendo mia moglie allora insegnante, io prendevo il treno dalla stazione del treno di San Benedetto di Val di Sambro per raggiungere quella sede, per me un poco disagiata. Ma io quei posti, e Boccadirio in particolare, li conoscevo molto prima. Mi ricordo che da fanciullo, mio zio, allora parroco di Ferraglia, organizzava le gite con i parrocchiani per andare in “pellegrinaggio” dalla Madonna, con il pulmann, il mangiare a sacco. Mi ricordo queste gite, bellissime, nelle quali durante il viaggio si cantavano inni sacri, ma non solo, anche canzoni allegre, canzoni della montagna, quali “Quel mazzolin di fiori”, “La montanara”, insomma un ricco repertorio di canti tipici della montagna. E mi ricordo che quando si arrivava lo stupore era alle stelle. L’emozione era tanta quando si entrava in chiesa e si vedeva l’altare della Madonna: bellissimo. Per noi poi che abitavamo in un paesino e non avevamo mai visto niente l’emozione era ancora maggiore. Una volta “avuta” la Messa ci si sedeva sul sagrato della chiesa e ognuno di noi tirava fuori dal panierino, dalle borse, quello che aveva portato da casa per il pranzo. E allora nell’aria si diffondeva un profumino di pollo e coniglio fritto, patatine, e un odore di vinello “arzillo”. Boccadirio non è solo il Santuario legato alla mia infanzia, esso era stato il luogo di pellegrinaggio dei miei genitori quando abitavano a Firenzuola, dei miei zii, dei miei nonni. Ma allora il “pellegrinaggio” non lo facevano con la “corriera”, ma a piedi. I miei zii mi dicevano che partivano la notte con qualche mulo o qualche asino, che portavano le persone più anziane e quelle che non godevano di ottima salute. Ma gli altri si facevano tutto quel tragitto a piedi. Il Santuario di Boccadirio, pur essendo in Emilia è un santuario “toscano” o meglio e anche un Santuario”mugellano”, essendo ai confini del Mugello, ma no solo per questa ragione. L’altra ragione importante è che i due bimbi che videro la Madonna nel lontano 1600, uno diventò parroco di Cirignano presso Barberino e l’altra, una bimbetta divenne suora in un convento di Prato. Ma veniamo alla ragione perché mi sono deciso a parlare di Boccadirio. Mentre stavo seduto in chiesa, e la messa era appena cominciata, indovinate chi mi si è seduto accanto?  In questi ultimi tempi, guardando la televisione, ho sentito parlare di un fatto brutto accaduto nel nord dell’Italia. Un fatto del quale tutta l’Italia è stata coinvolta fra innocentisti e colpevolisti e, a ragione, poiché questo fatto ha sicuramente del misterioso. Fatto per il quale una donna è stata rinchiusa in un carcere a Torino mi sembra. Ebbene, sì, avrete capito, si trattava proprio di loro. Sono stato io a riconoscerli per primo, anche perché li avevo così vicino (non più distanti di un metro)! Vi debbo dire che per un attimo è corsa dentro di me un’emozione che subito però si è andata placando. Questa giovane coppia, che aveva con sé anche il loro bimbo più grande e un’altra bimba piccolina, mi sono apparsi molto più giovani di quello che sembrava in TV. Poco dopo anche le altre persone si sono accorte della loro presenza e chi con sguardi discreti, chi con sguardi un po’ imbarazzanti, taluno mi sembrava li fissasse anche un sguardi un po’ cattivi. Debbo dire che ho provato un senso di forte pietà e di misericordia verso costoro. Mi sono immedesimato nella loro posizione e mi sono chiesto se io fossi stato lì al loro posto in quel momento sotto il fuoco di fila di tanti sguardi benevoli e meno benevoli. I loro volti di padre e di madre, nonché del fanciullo, che avevano con loro ,mi hanno ispirato tenerezza e direi simpatia. Non lo nascondo, aspettavo il momento in cui il sacerdote dice: “Offritevi la pace” per stringere loro la mia mano. Bastava che loro avessero fatto un piccolo gesto di disponibilità che io mi sarei subito rivolto verso di loro con un mio sorriso pieno di comprensione. Questo non è avvenuto poiché la mamma ha stretto di gioia il proprio bambino e l’altra piccola che era con loro. Io non mi sono sentito di interrompere un momento così bello. Poi mi sono chiesto, anch’io che mi ero posto in questa schiera di colpevolisti e innocentisti: “Che diritto abbiamo noi di giudicare?” Non dovrebbe forse ciascuno di noi guardare dentro se stesso e fare un esame di coscienza? Ma davvero gli altri sono cattivi e noi siamo i buoni? E non si uccide forse in molti modi? Non uccide forse la cattiveria quotidiana che “distrugge” giorno dopo giorno le persone e magari gli autori di questa cattiveria, che non uccide subito, e non omicida per la legge, vanno alla messa a pregare, ritenendosi buoni cristiani? E non uccide forse la calunnia, le ingiuste accuse che sono state fatte a persone risultate poi innocenti? Non abbiamo il diritto di fare i processi sui giornali e alla televisione. Non abbiamo il diritto di ”isolare” una persona, neppure se questa avesse commesso un crimine. Padre Cristoforo, nei Promessi Sposi, ci insegna una bella cosa. A colui dal quale aveva subito un grave torto, come unico rimedio, aveva chiesto un pane, “un pane del perdono”.

Paolo Campidori
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