IL “POLO” MUSEALE DIOCESANO

Intervista a Don Sergio Pacciani Direttore dell’Ufficio d’Arte Sacra della Diocesi di Firenze

Pubblichiamo integralmente l’intervista fatta a Don Sergio Pacciani, Direttore dell’Ufficio d’Arte Sacra della Diocesi di Firenze. Questa intervista non ha bisogno di commenti, in quanto si commenta bene da sola. Precisiamo solo che Don Sergio Pacciani ricopre l’incarico  di  Direttore di tale Ufficio Diocesano dal lontano 1982. Don Pacciani perché è importante l’anno 1986? Poiché in tale anno è stato istituito l’Ente Diocesano per il sostentamento del Clero, con Sede a Roma, al quale sono devoluti in proprietà tutti i beni immobili della Chiesa. Da tale anno praticamente tutti i sacerdoti diventano dei semplici stipendiati, e non viene riconosciuto loro più nessun beneficio. Questo è un Ente proprietario, che ha facoltà di vendere, affittare i beni immobili, per conto naturalmente della Chiesa, come un qualsiasi altro Ente Immobiliare privato. Questo, per dire, che chiese e canoniche, case e terreni annessi son diventate proprietà dell’Istituto, che in certi casi vende ad esempio chiese e canoniche, in altri casi, sempre ad esempio ha rifatto le canoniche. Perché è un proprietario e quindi può praticamente utilizzare la proprietà come gli pare e piace, anche nei casi delle chiese. C’è stato un bel cambiamento allora? A questo punto non conta più la chiesa, la parrocchia o il Vescovo. C’è un proprietario che attualmente adopera il patrimonio come gli pare. Mi sembra mi abbia detto che questo Istituto può anche dare in vendita o affittare.  Nel caso della chiesa di Camoggiano è vero che è stata sconsacrata? E’ bene precisare, la chiesa non è sconsacrata. La chiesa rimane sempre consacrata, poiché in qualunque momento si può celebrare messa o quqalsiasi altra cerimonia religiosa. Restando a Camoggiano, per esempio, tutti gli annessi sono stati dati in affitto o in vendita. Infatti, i migliori vengono dati in affitto. Però la chiesa di Camoggiano, mi sembra molto trascurata, talune parti necessiterebbero un restauro urgente. Se io ho una proprietà, che non serve più alla destinazione per cui è nata, è naturale che venga trascurata. Un esempio, può essere un canile, se io il cane non ce l’ho più....Il compito della chiesa è quello....Nel frattempo, cosa è successo....In questi ultimi 15-20 anni, di tutti i preti che c’erano, ne sono rimasti ben pochi. L’età media è di ben 65 anni. Anche per i monasteri è la stessa cosa? Questa è un’altra faccenda. Anche loro hanno molti anziani. D’altra parte è una realtà. La chiesa di campagna non ha più senso. La gente si è inurbata tutta quanta. Tant’è vero che i paesi che contavano 1000-2000 abitanti, le periferie, Rifredi per esempio; la chiesa di Rifredi non so quanti abitanti avrà avuto 50 anni fa, ora sono più di 20000 persone. Allora a questo punto è chiaro che lì ci sono tre preti e da atre parti non ce ne sono più. Questo fenomeno è successo anche in passato, no? A questo livello, no, però. Anche se non a questo livello è successo però anche nel Medioevo. Diciano non c’è stata questa crisi sacerdotale. No, perché una volta fare il prete era un mestiere come un altro. Oggi invece essere prete è una cosa abbastanza difficile. Quindi Don Pacciani le opere, ad esempio, sono state date ai musei del Mugello, ad esempio a quello di Vicchio o Sant’Agata, a quale titolo? Le opere mobili, non vanno in proprietà all’Istituto (Sostentamento per il Clero), poichè i beni mobili non c’entrano nulla con l’Istituto. I beni mobili hanno una caratteristica, sono proprietà della Diocesi, con la tutela dello stato; qui però, alla fine, non si capisce più chi è il proprietario, forse lo Stato, forse la Diocesi. A questo punto chi è in pratica il proprietario? In pratica lo Stato. Allora questi piccoli musei, tipo Vicchio, è diventato proprietario lo Stato? Non è proprietà dello Stato. Soltanto che loro hanno diritto di tutela, che poi tutela significa nè eliminare nè vendere. Quindi a questo punto la Curia è proprietaria a metà. Il Parroco è un enfiteuta e basta, cioè utilizza le cose che ha, però non sono sue. La situazione è questa, cioè la legge del ’39, stabilisce che i preti non siano altro che dei custodi, i quali utilizzano le cose che hanno però non sono proprietari. Se in una chiesa per spostare un dipinto del ‘200 -  ‘400 e anche dopo, la Soprintendenza mi dice tu la metti lì, non la metti là, la cosa  in effetti non è mica mia. E’ vero. C’è addirittura qualcuno che ha subito anche delle angherie, se ha fatto qualcosa che andava per il bene della chiesa. Questa situazione ambigua, ma fino a un certo punto. Come mai questi beni mobili, pitture, sculture, arti minori sono stati dati al Museo, per esempio di Vicchio? Se no li portava via qualcuno. Perché Vicchio, ad esempio, e non al Museo Diocesano?  Perchè il Museo Diocesano, purtroppo, ha degli spazi limitatissimi. Io addirittura ho roba in deposito che dovrebbe essere esposta e invece non ho posto. Tuttavia, Museo Diocesano, è tutto l’insieme. Questa è una cosa da metterci bene e chiaramente in testa. Il Museo diocesano è composto da tutti i musei realizzati. Non è soltanto quello di Firenze che io chiamo Museo Diocesano nel senso stretto. Quindi il Museo Diocesano è quello sul territorio. Quindi tutti e 10 i musei realizzati sono il Museo Diocesano. Se lei per esempio dal Museo di Vicchio volesse riprendere un’opera? Noi si è fatto una specie di contratto o concessione con il Comune con degli oggetti messi nel museo. A questo punto si affida la gestione, in questo caso anche di carattere civile, non ecclesiastico,  e dietro c’è sempre la Soprintendenza e ci sono anche i preti. Il direttore, sarebbe quindi un parroco pro-tempore. A Vicchio, no, perché non glien’é fregato nulla. A tutti e due. Questo per dire le cose come le stanno. Lì però ci sono le opere di tutto il Mugello. Certo, d’altra parte però è l’unico museo del Mugello. No, c’è anche quello piccolo di Sant’Agata. No, quello di Sant’Agata è parrocchiale. Come a San Donnino a Brozzi ce n’era un altro. Fatto benino anzi, meglio di quello di Sant’Agata, però ci sono poche cose e sono della parrocchia. Però bene o male se si contano tutti i musei sono 12 e non sono 10. Ripeto, i due che sono parrocchiali fanno parte dell’insieme. Sono 12 in tutta la Diocesi di Firenze? Sono 12. Fra cui c’è anche quello di San Casciano? Mi sembra quello di San Casciano sia un buon museo. Ma tutti, anche l’Impruneta, anche Tavarnelle, Vicchio. Si, si anche Vicchio, ci sono stato. A me è piaciuto molto. Lei come la vede questa esperienza di questi piccoli musei, disseminati un po’ in qua e un po’ in là? La si vede bene tutti, per forza, poichè il museo centrale non è mai stato fatto e nessuno ne ha parlato. Quindi ancora non è stato fatto? Ma neanche si farà più. Perchè? Non è quello a Santo Stefano a Ponte? No? Quella è una parte e basta. Non è il Museo diocesano. Il Museo Diocesano esattamente dov’è? Ripeto, allora non ci si intende, tutto l’insieme dei musei locali formano il Museo Diocesano. Si, ho capito però uno fiorentino. Sarebbe quello di Santo Stefano al Ponte. C’è anche un deposito lì? E’ anche deposito, però quello è un museo vero e proprio. Quindi il Museo Diocesano comprende tutti questi musei? Tutti i musei realizzati Da come mi dice proprietà allora è la chiesa? Anche di quello di Vicchio? Ripeto. Se si pensa a San Casciano, proprietario è addirittura il Comune e la Compagnia del Suffragio: il caso più anomalo che si possa immaginare, ed è gestito dalla Banca del Chianti fiorentino. Tre convenzioni: con Comune, con la Compagnia del Suffragio e con la Banca. Però, ecco, gli oggetti, rimangono sempre di proprietà della Diocesi e la supervisione degli Enti di tutela, che è lo Stato. E in tutti i casi i musei si sono fatti con la presenza diretta della Soprintendenza. Si è tuttavia lavorato direttamente e manualmente con le nostre mani. Non c’è il pericolo che tutte queste opere d’arte  vengano poi inglobate dalla Soprintendenza? Se non fa una legge di Stato, come ha fatto per esempio  con le chiese e con i conventi. Cioè quelle leggi di soppressione? Si, ci vuole una cosa di questo genere. Ma lo Stato non lo farà mai, poiché a questo punto gli conviene di più mantenere....Però l’ha fatto in passato. Certo che l’ha fatto, ma quando l’ha fatto è stato perché gli comodavano gli ambienti, mica le opere che c’erano dentro. Naturalmente, quando lo Stato comincia a funzionare ha bisogno di scuole, carceri, caserme.... E’ stato fatto di tutto nei conventi. Non è che allo Stato interessi le opere d’arte. I Musei sono strapieni da tutte le parti. Diciamo, previsioni di altri musei, a meno che non siano di cose moderne....per le cose antiche non ci sono. A questo punto sarebbe un aggravio che lo Stato si piglia. Lo Stato per questo ha cominciato la catalogazione perché non sparissero. Ai privati? Quello che c’era anche nelle chiese, o buttato via. Perché bene o male lo Stato rimane sempre proprietario  di queste cose, però le fa gestire da altri. Quindi qui a Firenze, quei musei sono un vanto anche per la Soprintendenza, poichè è una realizzazione che dà prestigio alla Soprintendenza stessa. Lei si riferisce a questi musei diocesani sparsi? Certo, il Paolucci l’ha detto e scritto chiaramente, anche scritto e lo dice di continuo. Lui passserà alla storia, non tanto per i musei della Sorpintendenza,  ma per quanto è stato fatto in materia di musei locali. E Chiarelli? Insomma a Vicchio fu lui....Vicchio era già un’altra cosa, era una raccolta, ma museo in senso stretto, no. E’ stato quindi Paolucci...? Paolucci?....Veramente siamo stati noi. Dico Paolucci come Soprintendente, e poi lei ha fatto la sua parte come Diocesi....Quindi anche Piovanelli è stato....Piovanelli non c’entra nulla. Che si fossero fatti o no, per lui era tutta pari. Per esser chiari è l’Ufficio per l’Arte Sacra....non la Curia di Firenze. A ciascuno il suo, perché se no....Perchè loro si occupano più di pastorale, ecc? Infatti di questo non gli è mai interessato nulla. In effetti. Se la roba non si metteva al sicuro prima, e la si metteva nei musei dopo, sarebbe andata tutta persa. Dunque questa è stata una cosa buona, poiché altrimenti  erano tutte opere che andavano perse, rubate. Chiunque sia il proprietario, che sia la chiesa o sia lo Stato, per lo meno queste cose ci sono ancora, se no sarebbero sparite tutte o comunque gran parte sarebbero sparite. Io mi trovai in tre casi almeno di portar via la roba, ad esempio, oggi, perché il prete era morto ieri e domani l’altro, naturalmente, ci sarebbero entrati i ladri. Il punto critico è proprio quello lì, nel passaggio. Infatti, io l’ho fatto sempre tempestivamente, io ho sempre portato via tutto, al momento giusto. A San Donato in Poggio c’era sempre il prete esposto, quando io portai via, da solo, con l’automobile tutta la roba. Da quanto tempo ricopre questo Ufficio, Don Pacciani? Dal ’79. Dal ’79 quindi Lei questo periodo l’ha vissuto tutto in prima persona. Si, ripeto. Il programma s’è fatto dall’’84-’85 in poi. Si era previsto tutto questo. Prima ancora dell’istituzione dell’Istituto per il Clero. Poichè le chiese vuote sono sempre parrocchie, ma fino a che sono dentro... l’unica cosa è portar via tutto, buono o poco buono. Questo è interessante, io credo che la maggior parte delle persone, non sanno. Tutte le cose che io ho fatto per il museo di Firenze l’ho scritto e articoli ne ho fatti più d’uno Lei scrive anche molto bene poichè mi fece anche la recensione al mio libro Le chiese del Mugello, ce l’ho ancora, è bellissima...Tutto sommato questo dei musei è un aspetto positivo del passaggio di queste opere d’arte della gestione dalla chiesa a una collaborazione chiesa-stato-enti. Anche perchè tutti quanti siamo convinti che queste cose non siano di uno o di un altro. Sono patrimonio conune e quindi si è salvato il patrimonio. Si è riproposto insomma una forma interessante, per cui ogni museo ha le opere più importanti; ci sono le opere del circondario, vicariali, per questo si chiamavano anche musei vicariali. Voi con l’organizzazione non c’entrate in nessuno di questi Musei? Voi non ne gestite, neppure uno? Escluso questo di Firenze, non ne gestiamo nessuno, poiché negli altri si è fatto una convenzione con i Comuni, anche perché per i finanziamenti, per fare i musei, c’è stata anche la Regione Toscana, quindi a questo punto era obbligo che ci fossero anche gli enti locali. Don Pacciani per Firenzuola è prevista qualcosa? Era previsto qualcosa, ma tanto non verrà fuori nulla. Anche perché non c’è nulla da mettere. Un altro previsto era Pontassieve, am anche lì non c’è nulla. Ci sono un po’ di cianfrusaglie. Avevo sentito che a Firenzuola l’avrebbero fatto in una certa chiesa. La chiesa della SS. Annunziata. Andrebbe rifatto tutto ed è costoso... Quando si cominciò con questi musei le spese erano piuttosto limitate. Cioè ci sono costati poco. Quello di Tavarnelle si è fatto con 80 milioni ed è un bel museo come quello di San Casciano. Però oggi le cose vengono fatte con più lusso e più spese. Certaldo è costato un miliardo e 700 milioni, mica storie. Lei pensa che la creazione di questi musei diocesani sia una tappa intermedia oppure una cosa definitiva? E’ definitivo poiché è giusto che ogni zona abbia le sue opere d’arte. E’ definitivo poiché si è fatto una convenzione alla quale poi è seguito un contratto per cui non si può ripigliare nulla da nessuna parte.  E’ bene, poichè, in fondo, le opere sono state donate dal popolo, no? E al popolo ritornano. Difatti io avevo a Firenze certe opere che sono ritornate sul territorio. Quindi c’è stato un travaso di opere d’arte che voi avevate a Firenze e sono state portate in Mugello? Si, certo, c’è stato. A Vicchio portai un mucchio di roba che avevo a Firenze. L’ho tenuta per una decina d’anni e basta. D’altra parte se non facevo così......

Paolo Campidori
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