ONA, ONA MA CHE BELLA RIFICOLONA

Dicomano in festa esibisce la sua Rificolona più bella

Ona, ona, ma che bella Rificolona, ma mia l’é coi fiocchi la tua l’è coi pidocchi....Chi non ha cantato nell’infanzia e nella giovinezza questo bel ritornello, oppure chi non l’ha fatto cantare ai propri figli o ai propri nipotini? Sicuramente questa è un delle più belle feste che hanno luogo in Firenze e nel contado fiorentino. Probabilmente la storia di questa festa si perde nei tempi ed ha come sicuro aggancio le feste carnacialesche di fiorentina memoria, feste che si svolgevano, principalmente durante il ‘400, nei periodi di pace, quando Lorenzo il Magnifico, grande politico e grande stratega e grande paciere, riusciva a far di Firenze l’ago della bilancia nelle contese nazionali e internazionali. Lorenzo, grande diplomatico, riusciva a conciliare le aspettative dei fiorentini, coltivando le feste e le arti con quelle personali e dello Stato che erano quelle di diventar più forti e più ricchi e anche quello di far quadrare le entrate e le uscite di bilancio. Le feste dunque che si facevano a Firenze erano memorabili: si tappezzavano intere strade di tappeti, si costruivano grandi scenografie ed a queste partecipavano i grandi artisti dell’epoca, si abbellivano gli angoli delle strade con ghirlande di fiori, con racemi di olivo di alloro e di altre piante simboliche, si illuminavano i palazzi con ceri, torce e la gente scendeva in strada con il vestito più elegante: per questo basti vedere ad esempio il Cassone Adimari, che rappresenta in questo caso uno sposalizio, dove gli uomini vestono elegantissimi e variopintissimi pantaloni attillati, con giacche semplici ma di un’eleganza straordinaria, e le donne splendide nei loro vestiti lunghissimi, con eleganti cappelli e straordinari gioielli fatti dalle mani dei migliori orefici fiorentini del tempo. L’allegoria era alla base di queste feste carnacialesche, che mischiava un po’ del sacro e un po’ del profano. Ma la base, il succo, era laico, e il messaggio era quasi sempre lo stesso: quello del carpe diem. In sostanza, si cercavano di dimenticare i problemi della città, si mettevano da parte le lotte guelfe e ghibelline e si ritornava a scoprire l’uomo e i suoi valori terreni. Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, del diman non

v’è certezza. Così cantava Lorenzo il Magnifico quando si incontrava con la sua “Brigata”, nelle ville di Careggi e del Mugello. Poi si sa, la vita è fatta di corsi e ricorsi e queste feste dovettero con il tempo “scadere” in qualità e moralità, tant’è che i famosi piagnoni che possiamo paragonare oggi ai cattolici e ai moralisti più ortodossi, cominciarono a dire la loro ed elessero come loro portavoce il monaco domenicano Savonarola. Ma dall’altro lato i palleschi, che erano la fazione favorevole ai Medici, non ne volevano sapere di rinunciare a queste feste e a godersi la vita con feste balli e canti, tanto da contrapporsi l’una fazione all’altra, fino a determinare l’allontanamento dei Medici da un lato e l’uccisione di Savonarola sul rogo, come “eretico” (Lui che era il “castigatore” dei vizi dei fiorentini!). Ma torniamo alla nostra bellissima festa di Dicomano, la festa della Rificolona. Vi dico subito che è stata una festa bellissima, anche se come tutti i grandi attori si è fatta un po’ attendere prima di entrare in scena. E’ giusto così, è necessario creare il “pathos” o la “souspence” che dir si voglia. Io mi ero recato lì già dalle ore 21 (il mio difetto più grande è quello di essere puntuale come un orologio svizzero, e così è mia moglie che mi accompagnava, anche lei contentissima di aver visto questa festa) con la mia telecamerina, pronto a immortalare le “vedute” più suggestive e più spettacolari. Non sapevo esattamente cosa fosse la Rificolona, se  non per sentito dire. Dalle 21 alle 21,30 ho ingannato il tempo, osservando e curiosando le persone che si avvicinavano al banchino del “croccantaio” per acquistare un croccante o un torroncino. Poi la mia attenzione si è rivolta verso un gruppo di anziani signori, che erano seduti davanti alla Casa del Popolo e attendevano disciplinati, fra una chiacchera e l’altra l’arrivo del corteo con i carri. Poi la mia attenzione si è rivolta verso i bambini, alcuni piccolissimi che passavano con la rificolona, ancora spenta, tenuti in braccio delle mamme e dei loro babbi. Era una cosa bellissima. Poi improvvisamente un grido di un bambino, dalla faccina molto sveglia, ha annunciato l’arrivo del primo carro in lontananza. Non si può definire se non lo si vede. Era un tripudio di luci  di colori e anche di allegria. Ci siamo avvicinati, io e mia moglie, all’incrocio dove i carri voltavano per dirigersi verso la stazione del treno. Abbiamo avuto la fortuna (non per i carri) di poterli vedere con un approccio ravvicinato. Più che vedere, ci siamo “tuffati” in questa festa dai mille colori, l’abbiamo “respirata” e devo dire che è stata una sensazione bellissima. Sì, questa è la festa delle “sensazioni”, una festa che, per la sua semplicità e per la sua gioia ti fa palpitare il cuore. E’ una festa “laica” e “religiosa” allo stesso tempo, per grandi e per piccini, ma soprattutto per questi ultimi. Quello che mi è piaciuto di più è stata la partecipazione “sentita” della popolazione, ma soprattutto dei bambini, bellissima, che cantavano, che urlavano e facevano il tifo per il proprio carro. Mi è piaciuta inoltre la semplicità con la quale questa festa e questi carri sono stati realizzati: sono stati sufficienti due soli carrelli da supermarket per costruire sopra una “favola”, una “mitologia”, una “fontana” di giochi e di colori. Non mi chiedete quale è stato il carro più bello. Per me lo sono stati tutti. Non so neppure chi ha vinto. So appena che il carro della Serena Pinzani, nostra Redattrice capo, aveva un soggetto mitologico realizzato in chiave Walt Disney, tutto qui. Per me non ha vinto un carro, semplicemente hanno vinto i bambini di Dicomano e coloro che, sapientemente, li hanno “seguìti”, passando giorni e notti insonni nella loro realizzazione. Hanno vinto insomma, ancora una volta le persone, l’amicizia, le buone relazioni interpersonali che fanno di una paese una famiglia allargata. Hanno vinto i bambini che con i loro canti, i loro schiamazzi di gioia hanno ricordato ai grandi di esistere e hanno ricordato al paese che essi sono il bene più prezioso, il futuro di Dicomano e no n solo.

Paolo Campidori
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