LE “STRAMBERIE” DI DONATO DONATINI DI PALAZZUOLO

Donato Donatini, poeta, valente fabbro artigiano, e perché no, Archimede Pitagorico: a lui si deve l’invenzione della trebbiatrice scomponibile e altri marchingegni. La maggior parte delle persone, specialmente i contadini e i vecchi mugellani, lo conoscono appunto e soprattutto per quella sua invenzione della trebbiatrice brevettata “modello Donatini”, che ben presto doveva essere però soppiantata da invenzioni più moderne. Pochi invece lo conoscono invece come poeta, e ancora meno lo conoscono come uomo. Sentiamo come Donatini dà una definizione di se stesso in una sua poesia, o meglio in una sua stramberia, scritta nel 1946, per Santa Lucia, scritta a suo nipote Giuseppe Alpigiani, avendogli mandato una paletta per sbraciare il fuoco del suo calderone: “la fece un pazzerel ch’era mio zio”. Si definiva quindi  un “pazzerello”, ma nel senso buono del termine, come è di moda dire da quelle parti della Romagna Toscana. E’ poi chi si definisce pazzerello sa benissimo di non esserlo. In effetti, però, Donato aveva un carattere poliedrico, un po’ irascibile, un po’ alla Braccio di Ferro dei fumetti. Tempo fa ebbi modo di parlare con la nipote Donatella Donatini, che abita a Firenze e che gentilmente mi fece avere un dattiloscritto di molte pagine con le poesie del nonno; e fu lei appunto a dirmi che: “mio nonno ce l’aveva un po’ per tutti”. In effetti è proprio così. Ce l’aveva perfino con il suo amatissimo cugino sacerdote, parroco di una chiesa del Mugello, presso il Monte Giovi, che gli aveva fatto una promessa, non mantenuta, e cioè quella di mandargli l’olio nuovo del raccolto del suo podere:

Se ancora aspetto ad unger i fagioletti nuovi

con l’olio squisitissimo del Monte Giovi,

cugino compatiscimi se te la dico bella

non prenderò con quei la ca.....la.

Ma Donatini sa anche essere cortese, galante, soprattutto con la signorina O.N., insegnante a Piedimonte, verso la quale nutre stima e simpatia. A lei dedica una piccola poesia nella quale si dice piacevolmente sorpreso di aver ricevuto una sua cartolina:

...nulla si potrà paragonare

alla sorpresa mia di ier mattina

allor che un fatto dovei constatare.

Verso le dieci mi chiamò Begné

e consegnandomi quella cartolina

ch’ella scriveva indirizzata a me...

Ma non solo alla maestrina di Piedimonte Donatini doveva pensare mentre era accalorato nel battere con il suo maglio il ferro rovente, nella sua bottega di fabbro. E’ del 1928 una quartina indirizzata alla signorina G.S. in risposta ad una cartolina illustrata con la scritta: “Saluti freshi freshi (sic)”:

Io di saluti gliene mando mille

caldi come il mio ferro quando bolle

e sotto al maglio quai filanti stelle

di notturno seren sprizza faville

Sempre alla stessa Signorina G.S., nel 1930, Donato invia 6 uccelletti arrosto, in dono, e li accompagna con una sua poesia:

Signorina carissima – ricambio come posso

con 5 uccelli piccoli – ed uno un po’ più grosso

le cortesie molteplici – che sua madre mi fa.

Sono quasi certissimo – ch’ella fra se dirà:

“Che offerta meschinissima – sei miseri uccellini

per tre donne ed un uomo – e poi così piccini,

esser almen dovevano – una buona dozzina

per saporir com’erano” – Si calmi signorina.

L’ottobre è qui a due passi – un mese non c’è più

allor crescerò il numero – ne manderò di più.

Gradisca intanto questi – benché cosa piccina

e se più ne desidera – mia bella Signorina,

salga con me al capanno – il mese che verrà,

allor potrà scegliere – numero e qualità.

In questa poesia noi scopriamo le passioni ardenti di Donato, vale a dire: le belle signorine del luogo e la caccia. Egli praticava soprattutto la caccia al capanno, con il richiamo, usando fucili che egli stesso si costruiva. Quest’arte, in particolare, quella di costruire armi da caccia, l’aveva appresa lavorando in gioventù e per un breve tempo, tormentato da mille passioni, presso un Mastro armaiolo, a Casaglia, un paesino in cima al Passo della Colla, sulla strada per andare a Marradi. In una poesia dedicata la figlio del 1930, lo ragguaglia di come sta andando la caccia, elencandogli il numero e le specie degli uccelli catturati:

...Non ti numero i frusoni

animal così minchioni

che si buttan poverini

come fosser lucherini

tant’è vero che ieri all’otto

ne avevo presi digià otto...

Ma Donatini non ama solo le donne e la caccia, quando egli è nella propria casa ama la famiglia ed è tenero con i nipoti. Alla nipotina Donatella dedica una poesia:

Donatella è una bambina

bianca, rossa e ricciolina

che sta dentro quella gabbia

rassegnata e senza rabbia....

Ma Donato qualche volta è anche un po’ sbarazzino, un po’ curiosone  e se la prende con le signorine civettuole interessandosi, ad esempio, di quello che fa la mestrina di Piedimonte (sulla quale pure lui aveva gettato un’occhiata interessata), con il Daziere,  i quali stanno spesso e volentieri un po’ nascosti in un angolo del paese:

.... Che cosa pensa o signorina

col rettor del daziario movimento?

Sogna forse venir la sua sposina?

o cerca con lui l’abbonamento

per poter sdaziar quella cosina

e cederla poi dopo a piacimento?

Ma gli anni passano, anche per Donatini, e gli acciacchi arrivano inevitabili, ma egli non perde tuttavia quella “verve”, quel suo modo scanzonato di interpretare la vita, che lo ha caratterizzato in tutti quegli anni:

Le gambe fan fatica a camminare

e gli occhi si rifiutan di vedere

e le orecchie non voglion più ascoltare.

Tali difetti ormai manderei giù

ma una cosa mi pesa e pesa assai

che certa molla mia non tiri più.

In una poesia scritta all’amico G. redattore del giornale “I piò cazzaz” di Ravenna, che avrebbe dovuto pubblicare nel suo giornale uno scherzetto poetico:

...Se a pubblicar la mia strampaleria

fo cosa grata e scevra d’ogni male,

sarebbe però gran scortesia

non mandarmi una copia del giornale

Sicchè spero che si ricorderà di me

quando il giornale stampato avrà.

Concludiamo con una poesia intitolata “Atto di fede” che il Donatini aveva dedicato a suo cugino Don Giuseppe, Pievano di San Martino a Scopeto in Mugello, il quale gli aveva dato certe pasticche che lo guarirono dalla tosse:

Io credo in Dio padre onnipotente

Creatore del cielo e della terra;

ma credo più quando la tosse afferra

della pasticca alle virtù possenti.

Paolo Campidori
(Copyright P. Campidori)