LE VALOROSE CHIESE DEL MUGELLO E DELL’ALTO MUGELLO 

In un mondo sempre più condizionato dalla tecnologia e dal cosiddetto progresso, in cui l’uomo è ridotto niente più che ad un oggetto, costretto a vivere in una società moderna dominata dal caos, dalle macchine, dalla speculazione industriale, costretto cioè a vivere in una dimensione non sua, l’uomo a poco a poco perde quegli attributi spirituali e pratici che gli derivano da una corretta vita a contatto con le cose semplici e con la natura. Ecco dunque che l’uomo avverte il bisogno di ritornare alle cose di sempre, di ritrovare la spiritualità, la natura, la pace, la tranquillità dei campi e dei boschi lontano dal caos cittadino. In questo contesto ben si inseriscono le chiese del Mugello e dell’Alto Mugello, per il fascino che esse emanano, per la loro pittoricità, per la loro misticità, per la loro magnifica posizione, quasi tutte su colli ameni circondate di cipressi, olivi e vigneti (querce e castagni nell’Alto Mugello), ma anche per la loro architettura ben misurata che si fonde e si esalta con il paesaggio che le circonda. Le chiese, in particolar modo quelle più rurali, erano il nucleo essenziale della società rurale passata. In esse, infatti, si realizzavano – e si realizzano tutt’ora – le tappe fondamentali della vita di quelle genti: battesimi, matrimoni, ecc. Ma oltre a questo la chiesa è stata anche punto di incontro fra la gente di quei luoghi; non solo ci si riuniva per la messa, ma prima e dopo le funzioni i paesani e i contadini parlavano del proprio lavoro, della semina, del raccolto e così si scambiavano esperienze di lavoro e di vita. Un problema, uno stato di necessità di una famiglia, diventava problema di tutti, della comunità. Oggi a malapena si conosce la famiglia che abita dirimpetto a noi. Davanti a queste chiese, adesso, spesse con le porte sbarrate (“chiusa come le chiese quando ti vuoi confessare”, dice una canzone di Venditti), in parte abbandonate per l’esodo cittadino delle popolazioni, in parte distrutte, grazie anche alla incuria e la insensibilità delle persone, si avverte ancora l’eco, il brulichio di una moltitudine di popolo che sostava davanti alla chiesa in attesa delle funzioni. Sembra ancora di vedere in queste chiesette rurali i contadini bonaccioni mugellani e alto mugellani, con il loro cappello in mano, con il loro vestito di festa, quasi sempre con il corpetto e l’orologio con la catena d’argento (o d’oro per i più abbienti) e con i loro visi coloriti dal buon vino e dall’aria salubre, parlottare del più e del meno con quei loro accenti mugellani o con quella parlata romagnola o “balzarott”, che dir si voglia. Le chiese per questa gente umile e semplice erano – e continuano ad essere – una cosa importante, in quanto espressione della loro spiritualità e in quanto le hanno costruite ed abbellite con le loro stesse mani e con i loro sacrifici. ( “Questa chiesa – era scritto in una lapide di una di queste chiesine – è stata fatta con le promesse dei ricchi e con i soldi della povera gente”). Le chiese (queste valorose chiese mugellane e alto mugellane!) hanno sopportato durante i secoli le più grandi disavventure quali terremoti, guerre e saccheggi e nonostante tutto hanno resistito ai tempi, sono giunte fino a noi con il loro bagaglio artistico, culturale e spirituale. Ma esse hanno subito, nel recente passato, pericoli altrettanto gravi, quali l’esodo dalle campagne, la carenza dei parroci, l’incuria e il disinteresse di alcuni verso questi valori. Si assiste, dunque, giorno dopo giorno,  a continui saccheggi da parte di ignoti per realizzare illeciti guadagni, e giorno dopo giorno, le chiese abbandonate  cadono sempre più in rovina. L’ultimo atto di questa tragedia sarà la progressiva scomparsa delle stesse? Si può fare ancora molto per salvare questi valori e questo può avvenire attraverso una campagna di sensibilizzazione e di informazione capillare da parte degli enti maggiormente interessati, ma un contributo importante può essere portato anche dal privato cittadino. A questo fenomeno davvero allarmante che minaccia seriamente il patrimonio artistico mugellano e alto mugellano, si è cercato di fare molto in questi ultimi anni, creando musei, restaurando chiese romaniche, rinascimentali e barocche; restaurando arredi e pitture, e molte di queste opere sono state mirabilmente restituite alla pubblica fruizione. Ma quanto resta da fare? Molto. La strada da percorrere è in salita, tortuosa e piena di buche. A queste ultime si potrebbero paragonare gli ostacoli di ogni genere che si frappongono fra i cittadini desiderosi di realizzare e le chiese o le opere stesse. Troppe pastoie burocratiche! Talvolta c’è perfino difficoltà a spendere i soldi che sono stati stanziati. Già, il ritornello è lo stesso: carenza di personale specializzato, difficoltà a reperire ditte  e maestranze affidabili e competenti, ecc. ecc., e i soldi rimangono lì, e magari tornano al ministero che li aveva, dopo tanta fatica, assegnati. Ma non dobbiamo disperare. Il popolo mugellano e alto mugellano, che non si è abbattuto a seguito di cataclismi tellurici, pestilenze, guerre di ogni genere, non si lascerà prendere dalla disperazione. Giotto, Beato Angelico, Andrea del Castagno, tanto per citare alcuni grandi artisti mugellani, con le loro opere, con il loro ingegno, saranno testimoni di una rinascita culturale, spirituale nei confronti di questi grandi valori rappresentati dalle chiese del nostro territorio.

Paolo Campidori
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