TORI, TORI, TORI (E VACCHE)
lasciamo i tori alla Spagna,
alle assolate arene di Siviglia,
alle grida impazzite: “Sangre, sangre!”
degli spettatori amanti
dei trajes de luz, delle banderillas,
dei lenzuoli rossi che coprono
il sangue dei tori morenti.
Lasciamo i tori a Garcia Lorca,
a Manolete, alla ipocrisia di
“A las cinco de la
tarde”.
Lasciamo ti tori alla Grecia,
che trasuda di classicismo,
di miti, di donne danzanti,
coperte da lunghe vesti velate.
Lasciamo i tori a Mitra,
alla divinità indiana,
al mito e alla illusione,
per le sue battaglie mai vinte
per le sue “Guernica” che sanno
di ricordi e scene “déjà vues”.
Lasciamo l’illusione a tutti coloro
che si sentono grandi e forti.
Noi ci prendiamo le vacche, i buoi,
che sono pii per definizione,
i buoi e le vacche che pascolano
tranquille e liete sui monti della Futa,
alla Traversa, a Covigliaio a Monte Beni,
a Pietramala,che riempiono le valli
con i suoni
dei loro campani:
dinn, donn, dann,
dleng, dlong,
dlang, dinn....
Paolo Campidori